«Niente scuse Padoa, i soldi per abolire lo scalone ci sono»
Sono questi i pilastri indicati dal segretario generale della Uil Luigi Angeletti in vista dell'apertura del tavolo di confronto, a gennaio, sulla riforma delle pensioni. Con quali punti fermi vi presenterete alla trattativa per riformare il sistema previdenziale? «La riforma delle pensioni per noi è stata già fatta. Lo scalone deve essere abolito perché era una cosa sgangherata quando è stato fatto e lo è anche ora». Al ministero dell'Economia sostengono però che l'abolizione dello scalone ha un costo elevato e si stanno facendo i conti su come farvi fronte. «Niente scuse, per favore. I lavoratori hanno già pagato il conto con l'aumento dei contributi». Torniamo alla riforma. Quali sono i suoi paletti? «Prima di tutto si tratta di fare un'operazione di aggiustamento della riforma Dini attuando la separazione tra previdenza e assistenza. Fino a quando non si scioglie questo nodo non si può sapere a quanto ammonta la spesa previdenziale. Punto numero due: armonizzare i trattamenti previdenziali perché ci sono ancora privilegi corporativi che vanno superati». Che ne dice invece dell'aumento dell'età di pensionamento? «Bisogna lasciare le persone libere di scegliere l'uscita dal lavoro introducendo un sistema di incentivi per chi decide di rimanere». Questo significa che invece chi esce prima va penalizzato? «No, sono contrario a penalizzazioni. Il disincentivo consiste nell'assenza degli incentivi. E poi sono convinto che occorre rendere più morbida l'uscita dal lavoro attraverso forme di part time». Sta pensando a una sorta di staffetta anziani-giovani? A fronte del part time di un pensionando l'assunzione di un giovane? «No, non credo a queste forme di automatismo. I posti di lavoro non sono come i parcheggi, uno che esce viene subito rimpiazzato da uno che entra. Il mercato del lavoro è regolato dall'andamento dell'economia. Certi automatismi possono funzionare da qualche parte non nella maggioranza dei casi». Che ne pensa della revisione dei coefficienti di trasformazione dei contributi previdenziali? «È una forma di malvagità inutile. I coefficienti si applicheranno sulla pensione tra vent'anni quando l'importo previdenziale sarà la metà dello stipendio. La spesa previdenziale non è elevata. A differenza degli altri Paesi europei la spesa tende a diminuire, tra vent'anni anzi avremo il problema opposto di farla aumentare». Eppure i conti dell'Inps indicano un aumento della spesa per pensioni... «Nell'immediato c'è un aumento della spesa previdenziale perché si fa terrorismo mediatico. La gente è spaventata dalle voci insistenti che paventano sbarramenti e rivoluzioni delle regole e così appena può fugge». Si è anche parlato, tra le ipotesi, di equiparare l'età di pensionamento delle donne a quella degli uomini, che ne pensa? «Non mi sembra il caso. L'età di pensionamentopiù bassa delle donne non è un privilegio ma la compensazione del maggior lavoro a cui sono chiamate. Quando una donna va in pensione, nella maggioranza dei casi fa la badante al marito anziano o la baby sitter ai nipoti. Tutte mansioni che svolge in modo gratuito sollevando lo Stato di un onere finanziario e sociale notevole». Non è arrivato il momento di eliminare i privilegi che continuano a resistere per alcune categorie? «Sono dell'idea che i meccanismi per determinare le pensioni dovrebbero essere uguali per tutti. Il che non significa pensioni uguali. Ci sono persone che non hanno pagato i contributi ma hanno avuto la legge a loro favore e bisogna farla finita. Vanno armonizzati i contributi che si pagano e la pensione percepita. Questo vale anche per i parlamentari che sono i primi della lista. Vi siete mai chiesti come mai ogni legislatura dura minimo due anni e mezzo? Ci sarà un motivo, o no?» Sulla riforma bisogna fare un referendum? «Il sindacato farà una sorta di referendum tra i suoi iscritti. Il percorso va ancora stabuilito ma bisogna avere una discussione su quello che andremo a discutere e una discussione dopo».