«Si è addormentato

È morto naturalmente, addormentandosi e rendendo la sua anima al Creatore». I capelli bianchi, il viso sereno ma evidentemente segnato dalla fatica di questi anni, Mina Welby si presenta così davanti alla stampa per quella che anche se formalmente è una conferenza, si trasforma presto in una commemorazione. «Anche Piero festeggerà il Natale perché non è una festa dei regali ma di coloro che attendono la venuta del Signore. E anche io lo festeggerò, ora so che lui è in pace». Una fede, quella della famiglia di Piergiorgio Welby e in particolar modo della mamma di 86 anni che ha spinto la moglie a chiedere comunque una funzione religiosa. «Io sono laico e vorrei essere cremato», aveva detto Welby, ma «dopo la mia morte fate ciò che volete». Mina con Piergiorgio ha vissuto «in complicità fin dal primo giorno» è un po' imbarazzata. Non avrebbe voluto parlare in pubblico ma, spiega, «per Piergiorgio farei questo e altro». Così racconta. Racconta della paura di «Piero», la più grande, quella che probabilmente lo ha spinto a chiedere una «morte opportuna». «Temeva - dice - di morire soffocato così come è successo a Luca (Coscioni ndr)». E racconta della sua paura. La paura di quella parola «eutanasia» che, per una donna educata in un «modo cattolico molto rigido», significava «uccidere una persona». «Poi - spiega - studiando e dialogando assieme a Piergiorgio ho cambiato idea». Fino al punto di convincersi che una legge su questo tema era giusta. «Dopotutto - continua - una legge non significa che poi devi per forza fare una cosa».