di PAOLO LUIGI RODARI IL VICARIATO di Roma ha negato i funerali religiosi a Piergiorgio Welby.
A voler fortemente il rito cattolico era la madre di Welby, profondamente religiosa. «In merito alla richiesta di esequie ecclesiastiche per il defunto Piergiorgio Welby - si legge a chiare lettere nel comunicato diffuso dal Vicariato della città di Roma - il Vicariato di Roma precisa di non aver potuto concedere tali esequie perché, a differenza dai casi di suicidio nei quali si presume la mancanza delle condizioni di piena avvertenza e deliberato consenso, era nota, in quanto ripetutamente e pubblicamente affermata, la volontà di Welby di porre fine alla propria vita, ciò che contrasta con la dottrina cattolica. Non vengono meno però la preghiera della Chiesa per l'eterna salvezza del defunto e la partecipazione al dolore dei congiunti». In sostanza, la decisione del Vicariato è stata presa traducendo alla lettera alcuni passi del catechismo laddove si tratta delle esequie da rendere a coloro che deliberatamente hanno deciso, dichiarandolo chiaramente, di togliersi la vita. Per loro - e non per gli altri casi di suicidio - il funerale è negato. La decisone non ha provocato particolari reazioni nella moglie di Welby, Mina, la quale ha annunciato: «Piergiorgio sarà cremato». «Lui non accettava di stare più lì - ha detto - Abbiamo chiesto aiuto a Marco Cappato e insieme abbiamo scritto al presidente Napolitano. Da quel giorno sapevo che saremmo andati verso il momento della dipartita». La moglie di Welby per la prima volta ha parlato in pubblico: «Nel 2002 abbiamo conosciuto il Partito Radicale, persone eccellenti come lo sono state quelle dell'Associazione Luca Coscioni. Piergiorgio è diventato radicale perché voleva portare avanti il discorso dell'eutanasia. Solo quest'anno ho saputo che aveva paura di morire soffocato, come Luca Coscioni». Amarezza nelle parole della sorella di Welby, Carla. «Lo ammetto, sono diventata furiosa, mi ha scosso prima la questione sull'autopsia e ora la risposta della Chiesa a una famiglia di fede». Carla parla anche di sua madre. «Una signora di 86 anni sta subendo un trauma inimagginabile». La madre di Piergiorgio «si chiama Luciana Cerquetti - spiega Carla Welby - Non tutti forse sanno che a Roma c'è una strada intitolata a Fratel Damaso Cerquetti, è il fondatore dei Fratelli della Misericordia, le radici della famiglia di mia madre sono molto cattoliche, è una signora con una grande fede - ha concluso - a cui ora noi non abbiamo il coraggio di dire che non potrà piangere il figlio nella sua chiesa». Intanto l'avvocato Giuseppe Rosso Di Vita, legale dei gruppi Radicali, ha chiarito che è stato aperto un fascicolo da parte della Procura. «Ribadiamo l'assoluta legalità dell'intervento compiuto - ha rimarcato Di Vita - La Procura mira ad accertare il fatto, ma non ci attendiamo esiti diversi dall'archiviazione del procedimento». Da parte cattolica un commento importante è arrivato dall'Osservatorio di Tutela Civica «G. Dossetti». «Si è conclusa - ha dichiarato Corrado Stillo, responsabile dell'associazione - la vicenda umana di Piergiorgio Welby per mano di persone che non hanno esitato un attimo a staccare il respiratore che teneva in vita un essere umano». Secondo Stillo «dopo le pronunce della magistratura, del Consiglio Superiore della Sanità, di illustri esponenti del mondo scientifico tutti concordi nel ritenere che il malato Welby andava curato nel modo più idoneo possibile, coloro che fin dall'inizio di questa triste vicenda umana volevano ad ogni costo il via libera all'eutanasia di fatto hanno staccato la spina con mille inutili giustificazioni». E ancora: «Nel ritenere gli autori della morte di Welby responsabili di omicidio l'associazione «Dossetti» considera assurdo promuovere sciacallaggi politici sulla pelle di malati gravi.