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Quelle indagini «fastidiose» su Anas, concorsi e calcio

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Le sue indagini avevano incominciato a dar fastidio e anche recentemente aveva messo le mani su un danno erariale di ingenti dimensioni relativo alle consulenze milionarie dell'Anas. Dell'intera vicenda aveva informato un mese e mezzo fa il ministro Antonio Di Pietro che da tempo sul tema ha sul tavolo un voluminoso fascicolo. Ma tutto è risultato inutile perché, secondo Tatozzi, anche se il ministro deciderà di procedere e con lui la Corte dei conti regionale, la norma contenuta in Finanziaria relativa alla prescrizione degli illeciti amministrativi sanerà tutto. Che l'Alto commissariato non fosse gradito al governo Tatozzi lo aveva capito quando chiese di essere ricevuto dal presidente del Consiglio Romano Prodi senza ottenere alcuna disponibilità. Anzi, «un vero e proprio isolamento istituzionale», iniziato con il tentativo del ministro della Funzione pubblica Nicolais - non andato in porto per l'intervento contrario anche di Clemente Mastella - di inquadrare le funzioni dell'Alto commissario nell'ambito del suo ministero. Le dimissioni di Tatozzi sono maturate in una fase molto importante del lavoro di indagine dell'Alto commissariato. Oltre alle verifiche sui concorsi universitari, sull'Anas, sull'Asl di Vibo Valentia, sulla cessione degli immobili Inps, e, ultima in ordine di tempo, sulla Federcalcio, l'Alto commissario aveva in programma di allargare le indagini e il monitoraggio ai redditi dei dirigenti pubblici e alle convenzioni e alle spese delle regioni. Un programma ambizioso, quest'ultimo, che gli aveva creato l'ostilità aperta dei governatori regionali. Nonostante le sollecitazioni, infatti, in sede di conferenza Stato-Regioni, queste ultime hanno sempre osteggiato la possibilità che l'Alto commissariato indagasse su di loro, sugli enti regionali e, soprattutto, sulle modalità di pagamento dei lavori e degli acquisti nelle regioni. Tatozzi si è scontrato con poteri molto forti nella Pubblica amministrazione, basti pensare che la sua relazione sui concorsi per le cattedre di diritto del lavoro, inviata anche alla Procura della Repubblica di Roma per i rilievi penali che pure sono stati evidenziati, non è mai stata presa in considerazione dal ministero. Fabio Mussi non ne ha tenuto alcun conto, eppure lo screening su quasi cinquanta bandi effettuato dall'Anticorruzione ha appurato che l'80 per cento di quanti avevano fatto domanda, si sono ritirati prima degli esami. Poi sono cominciate le voci, come spesso accade nel mondo della politica. E il tam tam che girava nel centrosinistra era quello di non prestare troppo il fianco a Tatozzi «perché era un amico di Cesare Previti». Come se fosse una colpa, un reato, un'incompatibilità. Per il centrosinistra evidentemente sì. Anche se proprio sul fronte della questione morale, l'Unione in poche ore ha messo a segno alcuni colpi decisivi: prima la sanatoria infilata all'ultimo secondo di soppiatto in Finanziaria la quasi sanatoria sui reati contabili; poi con la stessa Manovra si tolgono le risorse del commissario anticorruzione proprio nel momento in cui l'ufficio sta andando a regime. Tanti, comunque, i gesti di solidarietà espressi a Tatozzi. Su tutti quello di Alfredo Biondi, presidente del Consiglio nazionale di Forza Italia ed ex ministro della Giustizia, secondo il quale «l'Alto commissario anticorruzione, si è dimesso perché la maggioranza ed il governo di centrosinistra, dover aver fatto due emendamenti ridotti ad uno salva corruttori, corrispondenti ad una vanificazione del ruolo della Corte dei conti, hanno messo in condizione un gentiluomo del Diritto, come Tatozzi, di denunciare la vergognosa situazione di abbandono e di disinteresse rispetto alle sue richieste,

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