I politologi sul gradimento popolare al presidente
Colpa del governo Prodi se rispetto al 2005 il Quirinale perde una ventina di punti? «Può avere influito il calo di popolarità dell'esecutivo», risponde il politologo Gianfranco Pasquino, in linea con Nicolò Zanon (ordinario di diritto costituzionale all'università di Milano): «Può essere che i cittadini non distinguano l'organo di garanzia da quello di indirizzo politico». Per un altro studioso di istituzioni, Stefano Ceccanti, invece, il governo «non c'entra niente». Neanche il costituzionalista Carlo Fusaro vede «nessi immediati» tra i risultati ottenuti dall'esecutivo e il sondaggio riportato da Repubblica e condotto da Demos che registra un calo di fiducia dell'opinione pubblica nei confronti del capo dello Stato dall'80,1 per cento del 2005 al 59,6 dell'anno in corso. L'esito del sondaggio non avrebbe niente a che fare con l'operato di Giorgio Napolitano, piuttosto con il metodo usato dal Parlamento per eleggerlo. Dice Fusaro: «Mentre Ciampi era stato nominato unanimemente come presidente di tutti, la polarizzazione della battaglia politica ha portato le forze di opposizione attuali a esprimere giudizi non tanto su questioni specifiche quanto generali. È come se a destra si dicesse: «Napolitano ve lo siete votato voi e quindi…». Un 60 per cento di popolarità sembra comunque un risultato positivo - aggiunge - perchè va avanti un dieci quindici per cento rispetto al consenso delle forze politiche di cui è stato espressione. Per dire che c'è un calo nella presidenza bisognerà quindi aspettare diversi anni. Ma dubito che ci sarà». Anche Ceccanti è ottimista sulle possibilità di recupero di Napolitano, che saranno separate dai successi o dagli insuccessi del governo: «Al di là di come evolverà l'onda di popolarità dell'esecutivo - afferma -, l'immagine iniziale di un capo dello Stato legato solo alla maggioranza andrà progressivamente sfumando».