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di NICOLA IMBERTI «PERCHÉ una Finanziaria così impegnativa non ha raccolto l'apprezzamento e il consenso ...

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Dal palco del Consiglio Nazionale della Quercia rilancia ancora una volta quella che, nelle ultime settimane, è diventata la sua unica preoccupazione: capire il malumore di chi, anche all'interno dell'elettorato di centrosinistra, contesta la Manovra. Già perché se Fassino non sottovaluta la manifestazione organizzata dalla Cdl il 2 dicembre, è molto più preoccupato da altri segnali. E, non a caso, cita tre esempi su tutti: la manifestazione degli artigiani di Venezia, il malessere degli operai di Mirafiori, la protesta dei ricercatori dell'Università. Perché è a loro che, secondo Fassino, il Governo deve oggi una risposta. Per questo, nelle sua relazione, il segretario Ds chiede una «correzione di rotta». «Il problema - spiega - è imprimere una significativa e sensibile correzione di rotta all'azione di governo e all'iniziativa delle forze politiche». E aggiunge: «Senza un radicale mutamento degli indirizzi della politica economica, della spesa sociale e della finanza pubblica, l'Italia non ce la fa». Insomma, non sarà un processo all'esecutivo, ma poco ci manca. Ed è forse per questo che, in serata, concludendo i lavori del Consiglio Nazionale, il segretario della Quercia indora un pò la pillola. Fassino parla di un «cambio di passo» e non di «un cambio di rotta» perché, spiega, «la rotta è giusta» ed è quella data con «l'impostazione prima del Dpef e poi della Finanziaria». Ora, «il problema è come gestirla». Per Fassino sono due le questioni sulle quali intervenire. Innanzitutto il metodo, «cioè di come costruire intorno alla strategia di governo la condivisione del Paese». Quindi le riforme. Il segretario Ds torna a parlare di «Fase2» e il contenuto della proposta è chiaro: «A noi preme che, approvata ala Finanziaria, si vari subito un'agenda di riforme». Cinque le priorità: «Le pensioni e la sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale; il mercato del lavoro e il sistema degli ammortizzatori sociali; l'efficienza e la produttività delle pubbliche amministazioni; le liberalizzazioni e le misure per le competitività; il federalismo fiscale». Ma le difficoltà del Paese sono anche l'occasione, per Fassino, per ribadire la necessità di «una forza politica che abbia l'ambizione e la forza ideale e morale di assolvere ad una funzione nazionale di guida». In una parola: il Partito Democratico. Stavolta, però, il segretario è prudente. La necessità di portare tutti i Ds dentro il nuovo soggetto impone un percorso graduale. Un percorso che si aprirà con il Congresso di primavera (che non sarà «il congresso di scioglimento dei Ds») e dovrebbe concludersi «alla vigilia delle elezioni europee». In mezzo Fassino ipotizza anche «momenti federativi» e, addirittura, la possibilità di un «doppio tesseramento» (sul modello dei lavoratori metalmeccanici). Insomma il segretario tende una mano alle minoranze che, però, non mollano. E se Fabio Mussi attacca il segretario («Fassino allunga soltanto il brodo, ma allungare il brodo ha come unico risultato quello di renderlo un po' più sciapo»), Angius e Caldarola confermano che presenteranno la terza mozione. Poisizioni che, però, non preoccupano troppo D'Alema che rimane fiducioso: «La mia esperienza mi porta a dire che molto spesso i congressi si concludono con uno scenario diverso rispetto a quello di partenza».

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