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Contestazioni al premier nella sua città. Stavolta sono i giovani: «Buffone, vattene»

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È stata questa l'imprevista accoglienza riservata al presidente del Consiglio Romano Prodi dalla «sua» Bologna. Neanche il tempo di scendere dalla macchina davanti all'ingresso del Motor Show (il salone internazionale che annualmente richiama nella città migliaia di ragazzi da tutta Italia) che diverse decine di giovani hanno cominciato a contestare il premier. Gli insulti si sono quindi estesi a macchia d'olio tanto da costringere Prodi, scortato dal patron del Motor Show Alfredo Cazzola, a rifugiarsi nel centro servizi del quartiere fieristico bolognese. «Eravamo attesi da un gruppo di propagandisti - ha commentato il premier a caldo - erano insulti organizzati». Tutto è cominciato poco dopo le 15, quando il presidente del Consiglio è arrivato alla Fiera per visitare il salone motoristico. Ad attenderlo all'ingresso principale il solito nugolo di giornalisti, fotografi e cameramen che hanno attirato l'attenzione dei visitatori. Quando si è sparsa la voce che erano lì per Prodi, la ressa e la confusione si sono fatte consistenti. La contestazione ha investito il «corteo presidenziale» in maniera via via più massiccia con il passare dei minuti, fino a trasformarsi in un vero e proprio assedio che, per ragioni di sicurezza, ha costretto il premier a salire in una delle sale riservate della direzione della Fiera. Il primo a commentare l'accaduto è stato Cazzola che, incontrando i cronisti assiepati fuori dalla porta, ha parlato di «un gruppo organizzato», di un «coro infame da stadio», un episodio «mai accaduto in 31 anni di salone». Poi è stato lo stesso Prodi a parlare della vicenda in un'improvvisata conferenza stampa in cui, al di là di alcune considerazioni sulla ripresa del mercato dell'auto, ha tenuto banco il tema della contestazione. «È stato un inizio allegro e ben organizzato», ha scherzato in un primo momento il premier, poi ha aggiunto: «Eravamo attesi da un gruppo di propagandisti; appartiene alla democrazia, non ho sentito contenuti, ma solo insulti, agli insulti non si risponde. Si continua la visita». E la visita è proseguita negli stand, prima salendo sul palco dei «Miti della musica» dove c'erano Red Ronnie e il cantante Gianluca Grignani (e dove per Prodi è partita la seconda salva di fischi), poi fra gli altri padiglioni delle case automobilistiche. In questo tormentato percorso le contestazioni sono continuate (fra i fischi anche grida «Silvio Silvio»), ma con il passare dei minuti sono aumentate anche le attestazioni di solidarietà, stima e simpatia da parte di altri gruppi di visitatori del salone. «Sono venti organizzati che ci hanno fischiato in modo assolutamente maleducato - ha ribadito Prodi - adesso vedete che sto girando per i padiglioni e c'è affetto e simpatia». Poi, in serata, in una lettera al Resto del Carlino, il professore ha voluto sottolineare, ancora una volta, «la penosa situazione in cui ormai il nostro Paese si ritrova a vivere la quotidianità: o bianco o nero, o sì o no, o con me o contro di me. Il tutto avvelenato dalla maleducazione, dal sensazionalismo delle dichiarazioni che fanno magari titolo per poche ore e poi spariscono nell'oblio del frullatore mediatico, che oggi è la molla del sentirsi "in diretta" con il mondo». Immediate sono state le reazioni del mondo politico alla contestazione a Prodi. «È sconcertante che si scandalizzi ancora dopo i fischi di Mirafiori», ha detto il portavoce di Berlusconi, Paolo Bonaiuti; «i fischi se li è organizzati da solo», ha ironizzato Maurizio Gasparri di An, mentre il ministro Giulio Santagata ha sottolineato che il premier è «tranquillo e sereno». A nome della città di Bologna è arrivata la solidarietà del sindaco Sergio Cofferati, che ha parlato di un «atto inaccettabile di intolleranza da parte di persone che confondono la dialettica con l'insulto».

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