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Un ordine del giorno della maggioranza impegna palazzo Chigi a varare una legge sulle unioni civili

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In compenso accetta un ordine del giorno della maggioranza che lo impegna a presentare un disegno di legge entro il 31 gennaio sulle Unioni civili. Risultato: tutti cantano vittoria. I teodem con Paola Binetti parlano del rinvio come di un «gesto di pace», mentre nell'Unione è dominante la convinzione che la partita sia chiusa con un pareggio, ma che alla fine la legge sulle coppie di fatto sarà portato a casa. In serata, arriva anche il suggello del presidente del Consiglio che dichiara: l'odg è «un fondamentale passo in avanti nell'applicazione del programma dell'Unione». Un match, quello sulle successioni, che si è aperta a scoppio ritardato (l'emendamento del governo è di una settimana fa), ma che ha monopolizzato i lavori della maggioranza per tutta la mattina. A tenere le fila è stata il numero uno dell'Ulivo a Palazzo Madama, Anna Finocchiaro, rimasta in costante contatto con Palazzo Chigi, ma anche il Guardasigilli Clemente Mastella, che non ha mai nascosto la sua contrarietà ai pacs, avrebbe incontrato Prodi per parlarne. E così, strada facendo, si sarebbe arrivati al via libera per la presentazione di un ordine del giorno che fa posto nell'agenda del governo, già a gennaio, al nodo dell'Unioni Civili. Una data precisa e un testo scarno che ribadisce la necessità di riconoscere «diritti, prerogative e facoltà alle persone che fanno parte di unioni di fatto», senza fare distinzioni in base al «genere dei conviventi» e al loro «orientamento sessuale». Poche righe che si offrono a una doppia lettura: c'è chi nè sottolinea tutta la forza e la novità, chi invece sottolinea che la pagina sulle convivenze sia tutta da scrivere. Un dato è certo: il rinvio all'anno nuovo di un dibattito che non è indolore per le forze dell'Unione. È stato proprio Prodi a sostenere che un capitolo così delicato non può entrare di sguincio in una legge come quella finanziaria, e che tanto meno è opportuno rischiare di dividersi proprio ora. E più di qualcuno infatti sospetta che quella del governo sia stata una vera e propria «ritirata», come sostiene l'esponente di An Adolfo Urso, per evitare di inciampare nel corso delle votazioni in commissione Bilancio dove il centrodestra sarebbe stato pronto a cambiare fronte e a votare con l'ala cattolica dell'Unione pur di incassare la sconfitta della maggioranza. Emendamento a parte, sul risultato della giornata le parti in campo si contendono la vittoria. Il versante laico, sulla falsa riga della parole del presidente del Consiglio, canta vittoria sottolineando con Anna Finocchiaro come con l'ordine del giorno si sia fatto un passo avanti e non una pura e semplice mediazione. Ma soddisfazione, anche se frammista a un po' di preoccupazione, arriva anche dai senatori che hanno condotto in prima persona la battaglia anti-pacs. Unica voce fuori dal coro è quella del segretario dello Sdi Enrico Boselli, che teme che più che un passo avanti se ne sia fatto uno indietro. Approfitta della situazione il centrodestra, che spara a zero. Colorito come al suo solito il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli, che parla di «governo pro-culattoni», ma anche il centrista Pier Ferdinando Casini ovviamente non condivide la direzione scelta dal governo e lancia un appello alle forze «moderate» dell'Unione, auspicando «una convergenza» in Parlamento.

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