Fini-Cesa, scontro sul referendum elettorale
Il leader di An rilancia con forza l'utilità dell'iniziativa referendaria che, in caso di vittoria dei sì, porterebbe a un sistema di fatto bipartitico, con la conseguenza che l'unica via d'uscita per l'Udc resterebbe «la federazione di centro» su cui punta il Cavaliere. Forse anche per questo, come rivela Fini, proprio Berlusconi guarda «con grande attenzione» alla prospettiva del referendum. Infatti, se l'asse FI-An dovesse reggere anche sulla riforma elettorale, metterebbe di fatto i centristi di fronte a un bivio quanto mai sgradevole: o tornare sui propri passi ed entrare nel "partito unicO" del centrodestra oppure, alla luce della nuova legge elettorale frutto del referendum, rischiare di scomparire. Sulla scelta Fini non ha dubbi: «La Federazione di centrodestra credo sarebbe la risposta giusta. E comunque non ci si può lamentare di un'imposizione se a deciderla è la maggioranza degli italiani», aggiunge con un riferimento a Casini che riaccende lo scontro. Prevedibile la reazione piccata dei centristi, che oppongono all'iniziativa referendaria la loro disponibilità al confronto parlamentare con l'Unione per fare una riforma, magari sul modello tedesco. E il segretario Lorenzo Cesa contrattacca: «Se fallirà la strategia dell'Udc vorrà dire che Prodi governerà tranquillo tranquillo per cinque anni. Spero che Fini non se lo auguri. Mi sembra che anche lui faccia finta di non capire i problemi posti dall'Udc. Lo comprendo: è più facile mistificare le nostre posizioni che contrastare gli argomenti di chi chiede un profondo cambiamento del bipolarismo italiano e anche della rappresentanza dei moderati». Anche il portavoce di via due Macelli Michele Vietti sottolinea che «brandire l'ascia referendaria è sbagliato prima che inutilmente polemico». «La confusione del presidente Fini — rileva Luca Volontè — è allarmante. Un anno fa vota con la maggioranza la riforma elettorale proporzionale; poi, durante elezioni, dice che con le preferenze quel sistema sarebbe migliorato; ora sposa il referendum di Segni». Diversa l'opinione di Emerenzio Barbieri, della minoranza interna dell'Udc guidata da Carlo Giovanardi. Se passasse il referendum, dice, la proposta di una federazione «è la più logica». «Quella di Fini — sottolinea Barbieri — non è una provocazione contro l'Udc. Ma un intervento improntato al massimo buon senso». Opposta la posizione di «Formiche», la fondazione vicina all'Italia di Mezzo di Marco Follini, che sostiene il referendum ma non è d'accordo con Fini: non c'è nessun automatismo tra il sostegno al quesito e l'adesione a una formula unica di riorganizzazione del centrodestra quale quella che propone il leader di An.