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Epifani, Angeletti e Bonanni contestati nello stabilimento Mirafiori

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Fischi e urla contro i leader sindacali colpevoli, secondo le accuse della folla, di fiancheggiare il Governo a danno degli interessi degli operai. Sono tornati insieme a Mirafiori, la fabbrica simbolo della Fiat, dopo 26 anni, Cgil, Cisl e Uil. Un clima diverso rispetto al 1980, quando si consumava la crisi culminata nei 35 giorni. «La Fiat oggi è risorta», dice Guglielmo Epifani, ma anche questa volta i fischi non mancano. Per la prima volta in fabbrica c'è anche la stampa. Una buona cassa di risonanza, ma i lavoratori sono arrabbiati, accusano i sindacati di flirtare con il governo, di non avere saputo difendere i loro interessi. Due questioni sono particolarmente calde, pensioni e Tfr, ma ci sono anche i timori su flessibilità e orario di lavoro in fabbrica, le aspettative dei 460 dipendenti degli enti centrali in cassa integrazione. C'è anche chi fomenta i malumori, come l'Ugl, sindacato vicino ad An e i Cub, ma il dissenso non si ferma qui. Lo dimostra un ordine del giorno approvato dalla stragrande maggioranza dei 1.500 lavoratori che partecipano all'assemblea del mattino alle Presse con il numero uno Uil, Luigi Angeletti: «Riteniamo il silenzio del sindacato sulla Finanziaria incomprensibile, in particolare su Tfr, ticket sul pronto soccorso, aliquote Irpef, bollo per le auto non catalitiche». «Guglielmo, questa non può essere la Finanziaria dei lavoratori, il sindacato deve mantenere un atteggiamento critico e incalzare il governo anche quando è di centrosinistra», dice un operaio delle Carrozzerie, dove Epifani parla davanti circa 2 mila lavoratori nella sala dove si fanno i test delle auto. Ad Angeletti qualcuno urla «Non dobbiamo fare la stampella del governo» e il segretario della Uil prova a spiegare: «Ci dipingono così ma non è vero, non ci sono governi amici». Critiche arrivano anche da delegati della Fiom. «Nessuno vuole un sindacato appiattito sul governo, questa non è la Finanziaria dei lavoratori», dice Vincenzo Tripodi, rappresentante sindacale Fiom agli Enti Centrali. «Quando arrivano i segretari generali bisogna mettersi le mani in testa», aggiunge Roberto Bretto, delegato delle Carrozzerie. Il pomeriggio, alle Carrozzerie, l'assemblea più difficile: fischi e interruzioni accompagnano l'intervento del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni. «È una piccola minoranza, gente che guadagna mille euro e protesta contro quello che reputa ingiusto. Peccato lo faccia con i sindacati, gli unici che parlano non loro», commenta Bonanni. Poi ridimensiona: «Mi è sembrato di tornare agli anni Settanta, quando la stragrande maggior dei lavoratori stava con Cgil, Cisl e Uil e una minoranza rumorosissima e senza remore riusciva a disturbare». Ma per Giorgio Cremaschi, della segreteria nazionale Fiom, «a Mirafiori ha fatto irruzione la realtà di un mondo del lavoro profondamente scontento della Finanziaria». Le contestazioni non risparmiano nessuno. Neppure un uomo simbolo del movimento sindacale torinese e della sinistra radicale, Fausto Bertinotti, oggi presidente della Camera. «Bertinotti ci hai tradito», urla un operaio e dall'assemblea si leva un applauso. Sulle pensioni i tre leader cercano di rassicurare i lavoratori. «Scenderemo in piazza se proveranno a toccarle», dice Angeletti, ed Epifani spiega che «niente passerà senza il vostro voto, a voi spetta l'ultima parola». E il leader della Cgil strappa un applauso quando promette che alla Confindustria «non sarà permesso di avere mano libera sugli orari e l'organizzazione del lavoro».

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