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di GIANNI DI CAPUA PUÒ la Casa delle libertà vincere anche senzi i voti dell'Udc? La domanda è nell'aria da alcuni giorni.

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Poi sono arrivate le avances di Clemente Mastella (che ha proposto a Casini di costruire un «grande centro» per le europee del 2009) e la questione è diventata ancora più «spinosa». Così, mentre la Lega invita l'Udc ad andarsene, l'ex presidente della Camera replica che, senza il suo partito, il centrodestra è condannato a stare all'opposizione per i prossimi 20 anni. Chi ha ragione? A guardare i numeri dell'ultimo sondaggio realizzato da Ekma Ricerche (committente Clandestinoweb - Telelombardia, periodo 30 novembre - 1 dicembre) e pubblicato sul sito Affaritaliani.it, non certo Casini. Secondo il sondaggio, infatti, (la rilevazione è stata effettuata con 1.000 interviste telefoniche Cati a individui maggiorenni) anche senza l'Udc la Cdl sarebbe in grado di vincere le elezioni. Il dato è chiaro. Attualmente l'opposizione (senza centristi) può contare sul 48% dei consensi mentre l'Unione si ferma ad un «misero» 43,5%. In mezzo sta l'Udc che si attesta al 6%. Insomma, a vederla così, Casini e i suoi sarebbero diventati l'ago della bilancia del panorama politico nazionale. Ma basta grattare sotto la superficie per capire che, probabilmente, non è così. Anzitutto non può passare in secondo piano che, rispetto alle elezioni di aprile, il partito di Casini è in discesa (-0,8%). Non solo, ma è la forza che più perde nel centrodestra. E, se An scende dal 12,3% al 12%, Forza Italia e Lega crescono. Anzi, il partito di Berlusconi va a gonfie vele guadagnando quasi un punto al mese (ad aprile era al 23,7% oggi è al 30%). Nel centrosinistra, al contrario, è una vera e propria «ecatombe». L'Ulivo precipita dal 31,3% al 26%, la Rosa nel Pugno scende al 1,5% (ad aprile era al 2,6%) e Rifondazione Comunista passa dal 5,8 al 4,5%. Stabili i Verdi (2%), gli unici a crescere sono Italia dei Valori, Comunisti Italiani (entrambi passano dal 2,3 al 3%) e l'Udeur di Mastella (dall'1,4 al 2,5%). Non va meglio se si prende in considerazione l'indice di fiducia del governo. Solo il 27% degli italiani, infatti, ha fiducia nell'esecutivo (a novembre erano il 28) mentre Prodi, che un mese fa poteva contare sul 42% degli italiani, oggi deve accontentarsi del 39%. Sul fronte opposto si conferma, invece, il periodo d'oro di Silvio Berlusconi la cui popolarità sale al 47%. E anche qui Casini deve «accontentarsi». È terzo dietro Fini (30%) e con un poco rassicurante 27% di fiducia. Insomma, nonostante quel 6% di consenso elettorale, il leader dell'Udc non è certo sulla cresta dell'onda e difficilmente sembra in grado di poter vestire i panni dell' «ago della bilancia». Anche perché c'è un punto su cui in molti convergono. Decidesse di spostarsi a sinistra, Casini perderebbe buona parte dei propri voti. Basta vedere alcuni segnali che arrivano dal territorio. Ieri, ad esempio, l'Udc lombardo ha annunciato che «non disconoscerà l'alleanza con la Cdl». «È vero che la Cdl non esiste più - ha spiegato il capogruppo in Regione Lombardia Gianmarco Quadrini - e non siamo gli unici a dirlo, poiché lo sostiene anche la Lega. Ma dove abbiamo concorso con gli alleati a sostenere un presidente, non disconosciamo la coalizione né la nostra collocazione politica, cioè un'alternativa al centrosinistra». E, anche dove la frattura tra Udc e Cdl si è consumata, il partito di Casini è rimasto al proprio posto. È il caso del consiglio regionale della Puglia dove, da oggi, Nichi Vendola sarà costretto a fare i conti con «due opposizioni». In fondo è stato lo stesso Casini a dire che il suo partito rimane e rimarrà alternativo al centrosinistra. Difficile quindi pensare che quel 6% che Ekma attribuisce ai centristi possa andare in dote a Romano Prodi. A questo punto la palla è nelle mani dell'ex presidente della Camera che, però, deve decidere in fretta cosa fare. Dopotutto i dati dei sondaggi parlano chiaro. La Cdl può, abbastanza traquillam

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