Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

L'Unione esulta per l'addio di Casini Ma il Governo si spacca su tutto

default_image

  • a
  • a
  • a

Che non c'è più l'unità nel centrodestra e che di fatto non si può più parlare di CdL. Addirittura proprio il premier Romano Prodi va ripetendo da giorni che la manifestazione del centrodestra lo ha addirittura rafforzato. In realtà la situazione è un'altra e come molti suggeriscono il tormentone serve a spostare l'attenzione dalle fratture, molto più profonde e gravi, della stessa Unione. Una tattica già vista in altre occasioni: quando la pressione si fa alta intorno alla maggioranza si cerca il diversivo. Stavolta sono le divisioni, o per meglio dire le diverse strategie in seno al centrodestra, ad essere usate strumentalmente come diversivo. E basta dare un occhiata ai mesi trascorsi per trovare una conferma al fatto che non esiste una maggioranza compatta. Sottosegretari e parlamentari di maggioranza che manifestano contro il Governo. Ministri che chiedono alle categorie di scioperare contro l'Esecutivo per «costringerlo a sentire le loro richieste». E addirittura c'è chi decide di autosospendersi dal proprio incarico, vedi il ministro Di Pietro, per protestare meglio. Una frattura netta ed anche programmatica che divide in due lo schieramento unionista: da un lato i riformisti, quelli che fanno riferimento alla Margherita, all'Udeur, ad Italia dei Valori, ai Radicali ed ad una parte dei Ds, quella che sta con il segretario Piero Fassino che da tempo ormai parla di una «fase due» del Governo; dall'altro lato ci sono i radicali, la sinistra così detta antagonista, di lotta e di governo, che riunisce attorno a Rifondazione Comunista, Verdi e Comunisti Italiani che non passano giorno a rimarcare la loro identità. Ed infatti dopo solo un mese di governo si assiste ai primi dissidi interni. Siamo alla fine di giugno e Verdi, Rifondazione e Comunisti Italiani annunciano al Senato di non votare con la maggioranza per il decreto di rifinanziamento della missione in Iraq ed Afghanistan. Giorni di tensione. D'Alema minaccia di dimettersi se il decreto non passa. Interviene anche il Presidente Napolitano ammonendo che se non c'è una maggioranza compatta in politica estera si torna a votare. Alla fine il decreto passa, ma non prima di una protesta pubblica sotto Palazzo Chigi di pacifisti ed alcuni parlamentari di Rifondazione Comunista. I giorni passano e le divisioni si accentuano. A luglio tocca a Di Pietro ed al suo partito certificare le fratture nell'Unione. In ballo c'è il disegno di legge sull'indulto. Bordate contro il Guardasigilli Mastella, reo di aver presentato il ddl e contro la stessa maggioranza che sostiene il provvedimento. Sit-in, manifestazioni di protesta davanti Montecitorio ed anche la decisione di autosospendersi da Ministro delle Infrastrutture. Ma è sulla Finanziaria che le divisioni nella maggioranza si acuiscono. Le critiche arrivano da tutte le parti e divergono nella sostanza. I riformisti chiedono una modifica sostanziale, più coraggio sui tagli e lanciano anche l'iniziativa di un «tavolo dei volenterosi». Invece la sinistra radicale difende la scelta di aumentare le tasse mentre sulla parte degli interventi a favore delle classi più deboli decide di scendere in piazza. Il 4 novembre è in corteo contro il Governo. In prima fila non militanti comuni ma esponenti di punta del Governo. Dal sottosegretario alle Finanze, Paolo Cento, al viceministro agli Affari Esteri, Patrizia Sentinelli. Senza dimenticare i capigruppo di Rifondazione, Verdi e Comunisti Italiani di Camera e Senato. Tutti uniti per protestare contro la Finanziaria e la mancanza di interventi contro il lavoro precario. Questo fino ad ora ma c'è chi ha previsto il prossimo scontro: la riforma delle pensioni. E lì molti assicurano che a repentaglio non sarà solo l'unità della maggioranza ma proprio la vita del Governo.

Dai blog