Al momento giusto manderà a casa Prodi: prima però gli lascia finire il «lavoro sporco»
o come lo chiamava il povero Giorgio Gaber, «il mio torpedo blu». Dal suo torpedo Blu Capri (ormai il rosso, per gli ex comunisti, non è più di moda) il presidente Ds è sceso domenica a Sesto San Giovanni, un tempo nota come la Stalingrado d'Italia; e con il suo ben noto gusto per il contro-corrente ha sbalordito amici e nemici: «Condivido pressoché totalmente l'impostazione di Luca Cordero di Montezemolo: noi dobbiamo lavorare a un nuovo patto tra le parti sociali». Un operaio tra il pubblico ha suggerito beffardo: «Bacio, bacio!» Sono scene che avrebbero piegato le ginocchia alla vecchia guardia del sindacato e del Pci: un allievo di Togliatti che sottoscrive la linea del presidente di Confindustria! Ma cosa volete, questo è lo spirito dei tempi. Cessata la strategia del muro contro muro, come esisteva all'epoca dei Mario Scelba e dei Giuseppe Di Vittorio, ora è di moda il valzer fra gli opposti. Basta mettersi d'accordo e c'è trippa per tutti. Il Talleyrand di questa «réal politique» è indubbiamente Massimo D'Alema, che un giorno rulla il tamburo e l'indomani dirige l'orchestra. Quando incontra Luca CdM, gli dà del tu e lo tratta da pari a pari; e ne ha ben donde. Perché Baffino può stare sia in loggione che nel palco reale; solidarizza con il popolo del salario minimo, ma fa la sua eccellente figura anche dall'altra parte, fra i gentlemen che hanno villa a Montecarlo e barca a Portofino. Un tempo amato e apprezzato dalla nomenklatura sovietica, D'Alema ha saputo passo dopo passo conquistare la stima della Casa Bianca. Con un tocco in più, diciamo: il sorriso ammiccante di Condoleeza Rice, che gli fa ciao-ciao con la mano: «Bye-bye, Massimo». Non occorre svolgere una inchiesta demoscopica per sapere che il partito dei Ds, Democratici di Sinistra, ha una buona statura e una testa eccellente. La statura la offre Fassino; quanto alla capoccia, ci pensa d'Alema. Il quale gode di una stima assai larga, ma nel medesimo è circondato da scarso affetto. E la ragione sta nel fatto che lui l'affetto non lo chiede. Avete presente l'on. Cuffaro, che presiede la Regione Sicilia, detto anche «vasa-vasa» per la sua vocazione al bacio in pubblico? O l'onorevole Mastella, che ha la carezza ambidestra? Ebbene, D'Alema è di tutt'altra parrocchia. Negato alle effusioni, anche quando ti dà la mano, ha «le dita corte». I maliziosi insinuano che, pur molto amato dalle donne, si sia sempre tenuto sulle sue. Gli piace l'etichetta di «macho di ghiaccio». Poiché l'uomo non è di ferro, anche lui ha di sicuro attimi di abbandono; ma cede soltanto quando c'è l'eclisse totale. Non solo a Montecitorio, ma anche al di là delle Alpi, si dà per scontato che l'uomo forte della Sinistra sia «Baffo Massimo». È lui che dà le carte e, come dicono a Milano, «mena il torrone». L'altro Big della scena, che lo stima e ne è ricambiato, è il Berluska. I due si sono annusati al tempo della bicamerale, e si sono anche piaciuti. Stando così le cose, molti si chiedono perché D'Alema lasci campo libero a Prodi. Al che D'Alema risponde, ma sottovoce e tra gli intimi: nei momenti di passaggio, ci vuole qualcuno che fa il lavoro sporco. A Prodi è concesso il ruolo dell'avventizio in barbieria: «Ragazzo, spàzzola! E con questi comprati un gelato».