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L'ex premier lo incensa: «L'uomo che mi è stato accanto per 5 anni»

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Piazza San Giovanni è una trama fittissima di persone e bandiere. Silvio Berlusconi decide che 35 minuti di intervento possono bastare per il suo rientro pubblico dopo il collasso di Montecatini. Il leader della Casa delle Libertà fa cenno all'alleato di avvicinarsi. E lo introduce in maniera solenne: «Salutate l'uomo che mi è sempre stato accanto nei cinque anni di governo». Se non è un'investitura questa, allora cos'altro? Avesse avuto una spada, Berlusconi l'avrebbe posata sulla spalla del delfino, secondo il rito cavalleresco. Eppure le parole dell'ex presidente del Consiglio non colgono di sorpresa Fini. Almeno non del tutto. Poco prima dietro al palco s'erano trovati insieme nella roulotte adibita dagli organizzatori a sala vip. Loro due e Umberto Bossi. Un'occhiata alla piazza che si andava gremendo attraverso un monitor sedici noni, poi l'accordo sulla scaletta degli interventi. Il Cavaliere ha già pensato a tutto: «Allora Gianfranco, io parlerò una mezz'oretta. Poi introduco te. E tu presenti Umberto». Pausa. Mano sulla spalla dell'alleato. Sorriso che si apre: «Tranquillo, ti farò fare un figurone». Poco dopo, Silvio mantiene la parola data. E presenta il suo successore giocando sull'antinomia Fini leale Casini traditore. Il presidente di An prende la parola. Poco prima il suo referente nel comitato organizzativo, Roberto Menia, gli ha fornito la radiografia della piazza. Un terzo truppe cammellate, due terzi spontaneismo. Moltissimi i romani. Fini comincia il suo discorso toccando le corde tradizionali della destra. «Voi siete l'Italia che ricorda i caduti, che dice no alla droga, no ai clandestini». Boato. Il discorso ora si fa più politico. Fini si cala nei nuovi panni. Parla da leader. Declina con insistenza le parole «uniti», «insieme», «lealtà». Incensa la piazza. Attacca l'ex amico inseparabile Casini: «Non saranno le troppe polemiche alimentate ad arte a dividere ciò che questa piazza unisce». Restituisce i convenevoli al Cavaliere chiamandolo «presidente del Consiglio» e spiegando che non si tratta di un «lapsus» ma di un «omaggio». Di più, «di un reciproco giuramento di lealtà». Applausi. A questo punto, però, Fini frena gli entusiasmi. Spiega che «non ci sarà nessuna conseguenza politica a breve. Nessuna spallata. I governi non cadono per una manifestazione, ma possono prendere atto di avere i giorni contati». Standing ovation. L'ex ministro degli Esteri ha finito. Ora, da programma berlusconiano, deve introdurre Bossi. Il Senatur, dopo il Cavaliere, è la seconda persona da conquistare. Non a caso Fini usa toni lirici. Lo abbraccia: «Bossi è un uomo prima ancora che un politico. E ha dimostrato di amare la sua comunità come un padre ama i figli».

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