Il retroscena
Sfrecciando in scooter da un capo all'altro del centro a godersi il bagno di folla e l'ultimo pomeriggio di sole d'autunno. Una liberazione. A destra erano anni che non riusciva una manifestazione del genere. L'ultima, prima delle ultime elezioni politiche, era stata un disastro. Interminabile discorso del leader a piazza Esedra davanti a qualche migliaio di militanti intirizziti che maledivano Giove pluvio. Ieri l'appuntamento era di nuovo lì. Ma con tutta un'altra aria. Ore quindici. Parte il corteo dei giovani di An. Alla testa c'è Giorgia Meloni, vice presidente della Camera. Clima goliardico. I militanti inalberano cartelloni che rappresentano Prodi e altri esponenti di governo ridisegnati in versione South Park. Più indietro marcia un gruppetto di uomini vestiti in abito da sposa. È il blocco anti pacs. Più indietro ancora c'è un double-decker bus noleggiato da Forza Italia. A bordo ci sono ragazze brasiliane. Si simula il carnevale di Rio. Alla testa di questo allegro caravanserraglio c'è Gianfranco Fini. «Non potevo lasciare i miei ragazzi da soli. Sono loro il futuro», spiega il presidente di An a chi gli si avvicina. Con lui c'è Gianni Alemanno. Poco più in là invece sosta Francesco Storace. In mattinata, l'ex ministro della Salute ha riunito i suoi sodali all'hotel Prati. Un centinaio circa tra parlamentari, quadri e dirigenti locali. Tema dell'incontro: come essere la minoranza interna del partito. I due ex amici si sfiorano, ma non si incontrano, perchè Storace va via: deve intervenire in diretta a La7. Quindici e trenta. Ora Fini vuole fare capolino anche agli altri cortei. Lo avvicina un poliziotto motociclista su una Bmw. Il presidente di An monta in sella e parte. Destinazione Piazza Venezia. Saluta i militanti, stringe mani, sorride ai flash delle macchine digitali. Un quarto d'ora e si riparte. Ancora su due ruote. La voce del Fini centauro si diffonde. Scatta l'effetto emulazione. Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa si lasciano scarrozzare dai rispettivi assistenti. Uno verso il corteo in partenza da Colli Albani. L'altro con destinazione Circo Massimo. Nel quartiere Appio c'è l'assembramento dei torpedoni arrivati dal Sud. La colonna parte in orario. Alla testa ci sono Sandro Bondi (Fi), Mario Landolfi (An), cinque asini in carne e ossa partiti in nottata dalla Lucania, una bara altrettanto vera che simula il funerale di Romano Prodi e un discreto seguito di carri allegorici. Al Circo Massimo, presidio dei militanti settentrionali, il corteo avanza con un bandierone tricolore di ottocento metri, mastodontica idea dei deputati di An Giovanni Collino e Roberto Menia. Ore diciassette. Il popolo della destra sbarca in piazza San Giovanni. «Addio, quanto mi piace Demo Morsell!», si infervora una militante impellicciata sventolando la bandiere del partito. Si attende l'ora dell'intervento di Fini. Che arriva, parla, riscuote consensi. Gli unici che si lamentano sono quelli che stazionano all'inizio di via Carlo Felice: nel videowall c'è una bandiera israeliana che, garrendo, copre il loro leader. Segno del destino? Sarà. Alla fine Gianfranco non resiste. Sceso dal parlo risale sulla moto. E via, in piedi, tra due ali di folla. S. D.