Il provvedimento passa al Senato senza la fiducia

Il decreto fiscale passa al Senato senza fare ricorso al voto di fiducia e il centrosinistra esulta. «Un giornata bellissima». «La vittoria più significativa per la maggioranza da inizio legislatura». «Uno spartiacque politico che tacita chi nell'opposizione aveva accarezzato il sogno della spallata a Palazzo Madama». Questi i commenti che hanno ripetuto ieri gli esponenti dell'Unione, mentre il premier Romano Prodi si è rallegrato della vittoria in Consiglio dei ministri. Una vittoria in un match rischioso nel quale si è scommesso sulla propria tenuta. Il centrodestra protesta contro una blindatura che - sostiene - se non tecnicamente, c'è stata nei fatti. L'Unione infatti - si osserva dalla Cdl - non avrà messo la fiducia, ma ha bocciato con i soli propri voti ogni proposta di modifica venuta dall'opposizione. La Cdl, però, inizia anche a guardare al proprio interno e in più di qualcuno serpeggia il sospetto che ci sia un «pronto soccorso» di qualche senatore nelle votazioni più a rischio per la maggioranza. La giornata si è aperta con una riunione organizzativa dell'Unione. «Abbiamo fatto i soliti conti col pallottoliere sui senatori...», scherzava qualcuno. Restavano, infatti, una trentina di emendamenti da votare prima del sì finale. I parlamentari del centrosinistra, comunque, ci sono tutti, e il presidente Franco Marini dirige le votazioni tenendo un ritmo serrato. Ieri, in tarda serata, era stato sostituito dal vicepresidente Baccini che aveva consentito al centrodestra di allungare un pò i tempi, cosa che aveva provocato qualche malumore tra alcuni parlamentari di maggioranza. Le votazioni vanno bene da subito: in un'ora vengono bocciati, con uno scarto che si aggira sui dieci voti, i 27 emendamenti che dividono l'Unione dal voto finale. In Aula danno una mano anche i senatori a vita: Rita Levi Montalcini, Francesco Cossiga, Oscar Luigi Scalfaro, Emilio Colombo e Carlo Azeglio Ciampi. Il loro voto però non è mai determinante. L'ok finale al decreto passa con 162 voti a favore e 155 contrari. Due esponenti della Cdl sono assenti al momento del voto, l'azzurro Antonio D'Alì e il leader della Dc per le Autonomie Gianfranco Rotondi («ero sul ciglio dell'Aula a parlare - si giustificherà dopo - e non ho fatto in tempo a votare...»). Per quanto riguarda i contenuti, con l'approvazione del decreto è stata introdotta la nuova tassa di successione, ma già si preannunciano novità, ovvero l'estensione della franchigia anche alle successioni tra fratelli. La modifica potrebbe intervenire come emendamento alla Finanziaria. Novità in vista anche per il bollo auto: le vetture ecologiche (a gpl, mentano e elettriche) dovrebbero essere equiparate alle Euro 4. Anche questo dovrebbe essere proposto come emendamento alla manovra. Intanto il Servizio Bilancio del Senato, che ha scandagliato norma per norma gettito e copertura, muove le sue critiche: non convincono - rilevano i tecnici - le stime fatte per il gettito Irpef e per gli oneri degli assegni familiari; dubbi sempre sotto il profilo del bilancio anche per le norme sul tfr, il taglio del cuneo fiscale e gli studi di settore. Arriva dunque la tassa di successione che preserva coniugi e parenti in linea diretta con una franchigia da 1 milione di euro. Ma l'imposta potrebbe essere presto alleggerita anche per le successioni tra fratelli: non potendo modificare il decreto, per ragioni di tempo, il governo ha accolto un ordine del giorno con il quale si impegna a equiparare la trasmissione dei beni tra genitori e figli o tra coniugi anche tra fratelli. Ancora al vaglio le differenti ipotesi: un conto, in termini di costi, è infatti generalizzare la norma, un altro è applicare la franchigia ai fratelli solo quando non c'è un coniuge o un parente in linea retta.