di LAURA DELLA PASQUA LA PREVIDENZA integrativa fa gola ai presidenti delle Regioni che sono tentati ...
L'ipotesi che circola tra i presidenti soprattutto delle Regioni più ricche è di arrivare alla regionalizzazione della previdenza integrativa. L'escamotage legislativo sarebbe offerto dalla riforma del titolo V che consente potestà legislativa alle Regioni. Potrebbero pertanto nascere venti diversi fondi integrativi, tanti quanti sono le Regioni, oppure qualche Governatore potrebbe decidere di assumere un'iniziativa in questo senso in modo autonomo. La tentazione per le Regioni è forte ed il rischio per la previdenza del pubblico impiego elevato. Creare un fondo integrativo regionale significa per un Governatore gestire tramite i soggetti abilitati una massa di denaro considerevole. Come pure significa nomine, poltrone. Insomma un gran potere. In pole position per un progetto di questo genere ci sarebbero già il numero uno della Lombardia Formigoni e il collega del Veneto, Galan. Ma questo ha messo in allarme i sindacati. Il rischio, dicono, è che la previdenza integrativa del pubblico impiego si smembri in diversi tronconi. Inoltre i fondi regionali, spiegano, in quanto più piccoli avrebbero minori garanzie di affidabilità e di solidità. Non solo. Spaccato il fronte della previdenza integrativa c'è il pericolo che anche sul contratto nazionale ci possano essere ripercussioni. Mercoledì i sindacati responsabili del pubblico impiego hanno incontrato in modo informale il ministro Nicolais e il presidente della Conferenza delle Regioni, Errani. Si è parlato di fondi integrativi e Errani ha precisato che la Conferenza delle Regioni non intende intraprendere il percorso della regionalizzazione della previdenza integrativa ma questo non vuol dire che i Governatori non possano agire in modo autonomo. Qualcosa di più dovrebbe venir fuori oggi alla riunione del Comitato di settore degli enti locali. Un ostacolo alla creazione dei fondi integrativi regionali potrebbe venire, ricordano i sindacati, dall'accordo del dicembre 2004 che istituiva un fondo nazionale per i dipendenti degli enti locali. Ma questa intesa non ha avuto finora un'applicazione pratica. Anche il ministro del Lavoro Cesare Damiano si è detto contrario alla regionalizzazione della previdenza integrativa. Il governo però può esercitare una funzione di moral suasion ma nulla di più dal momento che le Regioni possono agire in modo autonomo. I sindacati hanno messo in chiaro a Nicolais che non si può partire con i fondi pensione in ordine sparso e con condizioni diverse. C'è il rischio che sorgano tanti fondi con tipologie diverse e che offrono rendimenti diversi. Trattandosi poi di fondi di piccole dimensioni sarebbero più esposti alla speculazione. I sindacati di categoria si sono messi di traverso e hanno lanciato messaggi espliciti sia a Errani che al governo a impedire la nascita di fondi pensione regionali e ad accelerare invece la costituzione di quelli del pubblico impiego. Il ministro Damiano ha assicurato tempi stretti. La Uil ha calcolato che i dipendenti pubblici che hanno la pensuione calcolata con il sistema contributivo avranno un assegno di quiescenza inferiore del 40% a coloro che hanno ancora il sistema di calcolo retributivo. E questo perchè da quando, dieci anni fa, è stata avviato il nuovo meccanismo di calcolo, la previdenza integrativa per gli statali e i dipendenti degli enti locali è rimasta al palo.