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DALL'UNIONE europea arriva l'incoraggiamento all'Italia.

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L'iniezione di fiducia arriva dal commissario Ue agli Affari economici, Joaquin Almunia, che pone l'Italia tra i Paesi che devono «fare di più» per accelerare le riforme strutturali e consolidare le finanze pubbliche. Anche perchè il tasso di crescita economica si mantiene tra i più bassi in Europa, e i rischi di una nuova impennata dell'inflazione sono dietro l'angolo. L'invito di Bruxelles è chiaro: «È ora di agire e di passare dalle parole ai fatti», approfittando di una ripresa che comunque resta ancora «sottotono». Un invito rivolto non solo all'Italia, ma a tutti quei Paesi della zona euro «il cui cammino in questi anni è stato più lento di quanto desiderato», frenando di fatto la crescita di tutta Eurolandia. Quello di Almunia - che ieri ha presentato il suo piano d'azione per rafforzare l'economia dell'Ue, adottato dalla Commissione - è un vero e proprio grido di allarme: se nei prossimi anni si dovessero accentuare le differenze tra i vari Paesi sul fronte della crescita economica e dell'inflazione, «il rischio è quello di mettere a repentaglio la stessa coesione» di Eurolandia. Preoccupazioni condovise dal presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker. Sul fronte del disavanzo e il debito pubblico l'Italia sta cominciando a mettere le cose a posto. Almunia riconosce l'inversione di tendenza in atto, alla luce di una Finanziaria 2007 che ha già ricevuto il via libera dell'Europa e che ora Bruxelles spera di vedere al più presto approvata dal Parlamento senza cambiamenti sostanziali. «Ci sono alcuni Paesi - ha spiegato il commissario Ue - che anno dopo anno hanno continuato a perdere competitività dopo l'ingresso nell'area dell'Euro, caratterizzandosi per un alto livello di inflazione e per una bassa crescita. Mi riferisco soprattutto ai Paesi del sud della zona euro». Tra questi l'Italia, «dove - ha detto - assieme a una perdita di competitività non si è prodotta una politica fiscale e di bilancio in grado di promuovere un'adeguata crescita». Crescita che infatti dalla metà degli anni '90 è rimasta inferiore alla media dell'eurozona.

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