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Napolitano: «Donne ai vertici dello Stato»

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In che modo? Il modo migliore per favorire la presenza delle donne in politica, secondo il capo dello Stato, «non è tanto quello di approvare norme di legge, quanto quello di apportare modifiche nella vita democratica dei partiti», soprattutto per quanto attiene alla scelta delle candidature. Napolitano parla alla Facoltà di Lettere della seconda università di Roma, Tor Vergata, dopo aver ascoltato la relazione di Miriam Mafai, che ha aperto il convegno «A 60 anni dalla nascita della Repubblica e dalla Costituente». D'altronde, l'apertura di Napolitano suona tutt'altro che anacronistica nell'attuale palcoscenico politico occidentale. Uno scenario che vede Nancy Pelosi speaker della Camera dei rappresentanti Usa, Illary Clinton possibile candidata alla Casa Bianca nel 2008 e Segonele Royal in corsa per l'Eliseo in Francia. «Credo che abbia ragione Miriam Mafai - afferma il presidente della Repubblica - quando dice che se c'è una democrazia funzionante e all'interno dei partiti politici ci sono procedure democratiche, le donne possono ottenere il riconoscimento che loro spetta. Quindi, forse più che con altri mezzi che non sono stati efficaci - aggiunge riferendosi alle «quote rosa» - la strada maestra è questa: modifiche nella vita democratica dei partiti, che poi esprimono le candidature. In Italia ci sono esempi positivi di donne che hanno raggiunto responsabilità, anche di governo, notevoli, però sono esempi molto limitati». A Montecitorio ci sono 108 deputate. Nel 1946 erano solo 26. «Siamo ancora lontani - dice Miriam Mafai - da quel 30% che l'Unione europea ha indicato come il limite minimo accettabile». Le dichiarazioni di Napolitano scatenanto subito le reazioni dei partiti. Da destra a sinistra si sprecano le lodi per il capo dello Stato. Cesare Salvi (Ds) dice che il presidente della Repubblica «ha fatto centro, ora serve un colpo d'ala in Parlamento». Secondo Castagnetti (Margherita), le parole di Napolitano sono «sacrosante». Ma sono le donne della politica le più determinare nel tracciare le linee maestre sa seguire. «I tempi sono maturi per regole transitorie che mettano donne e uomini sullo stesso nastro di partenza», commenta il ministro dei Diritti e delle Pari opportunità, Barbara Pollastrini. Rita Bernardini (segretaria dei Radicali) scansa l'ipotesi di leggi ad hoc e invoca una rivoluzione che limiti la partitocrazia. Dorina Bianchi (Dl) punta l'accento sul «grande divario» che esiste ancora tra uomini e donne: «Bravo presidente. In fatto di pari opportunità il nostro Paese è stato bocciato da un rapporto diffuso dal World economic forum. L'Italia è infatti al 77esimo posto su 115, meglio di noi Stati come Zimbabwe e Uganda, una vergogna. Quindi mi rivolgo alle colleghe, ma soprattutto ai colleghi affinché si lavori insieme per risalire la china e dare spazio e opportunità a tutte coloro che lavorano con dedizione e abnegazione». Anna Finocchiaro (presidente dei senatori dell'Ulivo) chiede di istituire le quote rosa per statuto, affinché nel direttivo della formazione politica le donne siano rappresentate al 50%. Anche l'opposizione plaude convinta a Napolitano. Elisabetta Alberti Casellati (FI) chiede di «portare a compimento un processo culturale che sancisca il riconoscimento della parità dei diritti e dei doveri delle donne». La parlamentare di An Daniela Santanchè condivide le parole del capo dello Stato sulle donne in politica e sulle quote rosa, ma si augura che «non si tratti solo di parole». Così Lella Golfo, presidente della Fondazione Mariza Bellisario: «I partiti accolgano l'invito del presidente Napolitano, per garantire la presenza in politica delle donne il primo passo è una maggiore democrazia». Dan. Dim.

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