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di DAVIDE RONDONI E ADESSO? Sì, insomma, adesso che l'anziano leader comunista diventato capo d'Italia ...

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Il valore storico dell'incontro è chiaro. E non perché Napolitano era un leader comunista. Un leader di primo piano, organico alla storia, agli orrori e alle mutazioni del comunismo. Ma altri e ben più importanti leader del comunismo mondiale hanno stretto le mani del Papa. Il fatto che rende importante l'incontro tra questo leader e il Papa è che Giorgio Napolitano è ora Presidente d'Italia. Il primo Presidente comunista d'Italia. Della Nazione che non solo ospita il Papa, ma che lo ascolta parecchio. Della Nazione che senza il cattolicesimo non sarebbe nemmeno concepibile. Ieri i giornali riportavano i dati di una ricerca. Un professore esperto di turismo nell'analizzare la crisi turistica del nostro Paese diceva che bisognerebbe imitare la capacità di attrazione della Chiesa. Che se non ci fosse lei, la crisi sarebbe ancora più nera. Dunque l'anziano leader ora Presidente è andato portandosi addosso la sua storia di comunista dal Papa. E i Papi, si sa, non son stati granchè teneri col comunismo. Ma non pensiamo a ieri, appunto. La domanda è: e adesso? Questi due anziani signori hanno parecchie cose in comune. Ad esempio una particolare affabilità. Una più morbida, signorile, distinta, napoletana. L'altra fatta di sorrisi e di timidezza, tedesca. Il Papa nel suo viaggio in Germania definì, mi pare, gli abitanti di Monaco, per il calore con cui lo accolsero, i «napoletani» di Germania. E il nostro Presidente sembra un po' un gentiluomo asburgico, ma di Napoli. Quel tratto di affabilità non è una maschera. Non è un trucco sotto cui dissimulare altre intenzioni. Indica qualcosa della temperie intellettuale. È uno dei motivi che inducono chi li osserva a dire: forse costui non è come pensavo. Quello non è forse un vecchio comunista conservatore e antilibertario. E quello non è un anziano conservatore cattolico. Un'affabilità che sembra una disponibilità. Che lo è. Sono due uomini disposti al presente. Lo sono molto più di altri. A un presente per molti aspetti drammatico. Lo vediamo in tante regioni del mondo. E nelle vicinissime e pur sperdute regioni delle nostre scuole, delle nostre strade. E dunque adesso? Ora che si sono incontrati, dentro e al di là dei comunicati ufficiali, succederà qualcosa? Il passato conta. Certo. Ma conta in quanto illuminato dal presente. E, nel presente, noi ci aspettiamo molto da quel signore elegante vestito di scuro e dal quel gentile signore vestito di bianco. Da loro singolarmente, e da quel che loro rappresentano. L'uno l'energia della fede. L'altro la forza delle Istituzioni. Hanno riconosciuto reciproche responsabilità. E che non possono fare l'uno senza l'altro. L'altra cosa che hanno in comune i due protagonisti di ieri, è che entrambi hanno visto direttamente che orrore produce nella storia la pretesa di sistemare tutto con l'ideologia o con la politica. Come se la politica non avesse bisogno di ideale e di motivazione spirituale. L'ha detto Napolitano, mica il Papa. E quindi adesso? Si aiuteranno di fronte alle sfide del presente? E ci aiuteranno? Nessuno è anarchico come i poeti. E dunque non guardo a queste due figure come a salvatori della patria. Ma ho gli occhi per vedere che quella stretta di mano fa bene al nostro presente. Lo spoglia di un po' di sospetti. Lo priva di un po' di veleno. E ci ributta addosso una responsabilità, e una voglia. Se si sono incontrati questi due signori, carichi d'anni e di differenze, non è forse così difficile incontrarsi tra chi ha a cuore il presente. Perché la vita, come diceva persino Baglioni, è adesso. E quel che pensavamo di Napolitano fino a ieri conta di meno. E quel che pensavamo del Papa conta di meno. E conta di meno quel che l'uno magari pensava dell'altro. C'è stato un fatto. Più importante di mille chiacchiere. L'incontro con il Papa non è mai solamente un fatto Istituzionale. È sì, l'incontro con un capo di Stato straniero. Ma che ritiene di essere il rappresentante di Cristo. Non credo che Napolitano guardando n

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