Fini attacca la Sinistra ieri in piazza «Non è equidistante, sta con i kamikaze»
Teatro della presa di posizione di due degli esponenti più influenti della Casa delle libertà è rappresentato dai Colloqui di Venezia organizzati dalla fondazione «Liberal», cui è intervenuto l'ex ministro degli Esteri e alla quale Frattini ha fatto pervenire un proprio intervento scritto. «Ancora una volta in piazza due sinistre quella moderata e quella massimalista», sostiene Fini commentando le due manifestazioni sul Medio Oriente in programma ieri, quella «apparentemente moderata» di Milano con lo slogan «Due popoli e due stati» e quella a Roma di chi, secondo il leader di An, «non è equidistante ma ostenta le cinture dei kamikaze che significa legittimare il terrorismo che ha colpito Madrid e Londra e potrebbe colpire anche l'Italia». Sulla questione israelo-palestinese - dice Fini - «la sinistra massimalista dice inequivocabilmente che tutte le ragioni sono dalla parte palestinese. Qualcuno arriva a dire addirittura che Israele deve scomparire». La manifestazione della sinistra moderata che sostiene due popoli due stati e la Road Map è, per Fini, di «apparente ragionevolezza e buon senso»: «tutto vero, tutto giusto - aggiunge - ma la pace si fa in due. Israele la vuole perché è una democrazia, ma sia Hezbollah sia Hamas dimostrano con i loro comportamenti di non credere nella pace perché non riconoscono nemmeno l'esistenza di Israele». Sulla polemica in atto con l'Udc per la manifestazione del 2 dicembre, Fini è lapidario: «Preferisco di gran lunga parlare di questioni importanti, strategiche per il futuro dell'Italia, dell'Europa, del Mediterraneo, lasciamo le quotidiane punture di spillo al peso che hanno». Sulla questione iraniana, Fini invece dice: «Fin quando abbiamo governato noi non ci siamo mai discostati dalla posizione della comunità internazionale ma credo che sarebbe sbagliato fare un processo alle intenzioni a Prodi e D'Alema. Sarebbe gravissimo se l'Italia, primo partner economico dell'Iran, per compiacere quel regime, assumesse però posizioni di sicurezza diverse da quelle dell'Ue e degli Usa. Personamelente credo che questo non accadrà». «Bisogna partire dal presuposto - conclude Fini - che tutta la comunità internazionale considera l'atteggiamento iraniano un atteggiamento pericoloso in particolar modo per la reticenza con cui Teheran risponde alle sollecitazioni dell'Onu circa la trasparenza sullo sviluppo del nucleare». Sull'Iran Frattini rilancia il dialogo: «La disponibilità europea a prendere le redini della trattativa con l'Iran è un buon esempio, ma l'Europa deve essere pronta ad accettare che il dialogo con l'Iran è un mezzo e non un fine a se stesso». «La disponibilità europea a dispiegare truppe in Libano - scrive Frattini - serve a perseguire un interesse comune e a dimostrare come l'Europa sia pronta a essere leader con gli oneri, non solo gli onori, che la leadership comporta. Ma non può ignorare il rischio che le nostre truppe diventino ostaggi di Hezbollah nella difficile partita a scacchi con Teheran o pensare che la Siria sia pronta a rinunciare alle sue ambizioni sul Libano per qualche migliaio di caschi blu». Secondo Frattini l'Europa deve dunque promuovere un accordo di pace in Medio Oriente «per rafforzare l'alleanza pragmatica che di fatto già esiste tra Israele e altri Paesi arabi in funzione di contenimento della minaccia nucleare iraniana». «In questo senso - prosegue - deve offrire una serie di concrete garanzie a Israele per proteggerne non solo la sicurezza nei confronti dei suoi vicini ma anche per rassicurare Israele che l'Europa prende sul serio la minaccia iraniana e non lascerà Israele da solo». Per Frattini l'Europa dovrebbe riconoscere che lo stato di guerra