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DOLORE, indignazione, disgusto.

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«Chiudete i centri sociali. Succede sempre cosi, ogni volta che c'è un corteo organizzato da questa gente. Non è possibile che si insultino i nostri padri, morti in Iraq per la pace», ha detto Marco Intravaia, 19 anni, studente in legge, figlio del vicebrigadiere Domenico, una delle vittime della strage del 12 novembre 2003. Intravaia ha poi continuato: «Era successo anche ultimamente a Modena, quando, all'urlo "10, 100, 1000, Nassiriya" furono assaltati alcuni gazebo del centrodestra per chiedere l'istituzione della giornata della memoria. Questa gente è proprio inutile, che non ha alcuna ragione ci esistere. Sono rassegnato, ormai non ci faccio più caso come prima, quando me la prendevo, mi offendevo, mi sentivo ferito. Adesso ho capito che questa è gente malata, gente stupida, che fa parte dei centri sociali. Sono solo una minoranza di stupidi - ha concluso il giovane - che non fanno parte di un popolo democratico che, invece, crede in certi valori fondamentali, trasmessi dalla costituzione». Per la madre di Marco, «è assurdo che esista gente del genere, cosi crudele, che non ha rispetto nei riguardi di persone che vivono con un immenso dolore nel cuore, per la morte di un marito, o di un padre o di un figlio». Poche parole, per esprimere la propria sofferenza. Così Liliana Messina, vedova del vicebrigadiere dei carabinieri ha commentato lo «slogan della vergogna». Paola Cohen Gialli, vedova del maresciallo dei carabinieri Enzo Fregosi, uno dei morti nell'attentato di Nassiryia nel 2003, è fortemente «amareggiata» dopo aver saputo degli slogan: «Non sono nè uomini nè donne - ha dichiarato - Queste sono persone vuote, senza ideali, ma anche senza alcun sentimento. Non sono classificabili». Intanto, «sdegno e amarezza di tutto il personale dell'Arma e dei familiari delle vittime» sono stati espressi dal generale Nicola Raggetti, presidente del Cocer dei Carabinieri, per gli «slogan vergognosi gridati in occasione della manifestazione di Roma che offendono la memoria di uomini che hanno dato la vita per la nostra Patria. Mi appello al capo dello Stato quale capo supremo delle Forze armate - ha detto Raggetti a nome di tutto il Cocer - affinchè intervenga per far cessare questi gesti di empietà verso i morti che rivestono un'estrema gravità».

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