di LUIGI BERLIRI LA CASA delle libertà fallisce il secondo tentativo di spallata a Prodi e a Palazzo ...
A surriscaldare il clima è stato il «sì» (peraltro non determinante visto che i numeri dell'aula dicono 160 a 154 per il centrosinistra nella prima votazione, 161 a 154 nella seconda), di cinque senatori a vita Ciampi, Cossiga, Scalfaro, Colombo e Levi Montalcini, contro l'opportunità del quale si è scagliato il centrodestra. Dagli scranni dell'opposizione sono scrosciate le proteste. Urla, versi, rumoreggiamenti vari, cui sono seguite le altrettanto poco istituzionali risposte della maggioranza. Insomma, ancora una volta, è stata bagarre. Inutile l'intervento del presidente Marini. Ad aprire il duro confronto in aula è stato il capogruppo della Lega Roberto Castelli, che ha protestato contro l'atteggiamento dei senatori a vita, e in particolare di Ciampi, che a suo avviso non avrebbe mai sottoscritto un provvedimento di tal genere sotto la sua presidenza. «In passato - ha detto Castelli - Ciampi non firmò un provvedimento molto simile a questo, proprio perché non era omogeneo e non era coerente. Il suo è un atteggiamento incoerente». Furioso Francesco Storace (An), che si è lasciato andare a un poco elegante: «Viva i senatori a vita, vergogna!», subito seguito, a coro, da altri colleghi. A questo punto, i rappresentanti della Cdl hanno invitato i senatori a vita a «valutare bene il loro voto in una situazione di precaria maggioranza dell'Unione in Senato, considerando il fatto che non sono stati eletti dai cittadini». «Il dato che emerge - ha avvertito Renato Schifani, capogruppo di FI - è che se non ci fossero stati i senatori a vita vi sarebbe una situazione di parità. Oggi il senatore De Gregorio ha votato con il centrodestra. Ciò vuol dire che i senatori a vita hanno determinato un voto di sopravvivenza per un governo che non ha il consenso degli italiani. È un fatto senza precedenti. Non hanno un mandato elettorale, in presenza di situazioni così delicate avrebbe l'obbligo morale di astenersi». Il vicepresidente leghista Roberto Calderoli ha quindi fatto presente, replicando al presidente Marini (che chiedeva di non sollevare più la questione, a suo avviso già ampiamente discussa), che i senatori a vita dovrebbero allora lavorare in commissione come tutti gli altri, e non venire in aula a votare provvedimenti o la fiducia: «Vadano a lavorare - ha detto Calderoli - perché lo stipendio lo prendono come tutti gli altri. Su sette solo due normalmente partecipano ai lavori dell'aula e delle commissioni. Hanno diritto di voto ma bisogna che questo diritto venga sempre esercitato e non solo quando c'è la fiducia o il governo rischia». Sulla stessa linea il capogruppo di An, Altero Matteoli. «Non contestiamo - ha detto - che i senatori a vita abbiano gli stessi diritti di quelli eletti. Ma, visto che si schierano politicamente con la maggioranza, debbono accettare le critiche e le polemiche dell'opposizione sulle loro scelte, appunto, politiche». All'opposizione ha replicato una piccata Anna Finocchiaro. Secondo la capogruppo dell'Unione, «anche senza il voto dei cinque senatori a vita, il centrosinistra avrebbe comunque respinto le pregiudiziali e la spallata se la possono scordare». Riferendosi a De Gregorio, il ministro della Giustizia Mastella è sbottato: «La spallata non è altro voltagabbanismo politico. Significa che alcuni senatori eletti con il centrosinistra votano con il centrodestra. Certo. Se queste cose le fanno Berlusconi e i suoi amici è una cosa morale, se lo faccio io sono immorale, me lo spiegate? Se il mio amico De Gregorio vota dall'altro lato significa che lo hai cooptato. Questo è immorale o no?».