Ieri l'assemblea
Confcommercio attacca Prodi: «Si è arreso ai sindacati»
Con cartelli di protesta, video-interviste a commercianti arrabbiati, mail di esercenti preoccupati che scorrono sugli schermi della sala, quella organizzata ieri da Confcommercio è stata un'assemblea di protesta. Nel mirino degli organizzatori e dei 1.500 delegati riuniti a Roma, all'auditorium Conciliazione, una finanziaria «da cancellare», recita lo slogan scelto per la manifestazione. Una Finanziaria, riassume il presidente della Confederazione, Carlo Sangalli, che per la sua categoria è stata «la goccia che fa traboccare il vaso». Perché non taglia abbastanza la spesa («poco più di 11 miliardi di euro») e contestualmente «sblocca le addizionali Irpef per Regioni ed Enti Locali e fa debuttare i nuovi tributi di scopo». La manovra reintroduceva anche la tassa di soggiorno pari a 5 euro per i non residenti, una misura che le organizzazioni dei commercianti avevano fortemente avversato, perché avrebbe colpito direttamente il settore turismo. Ma proprio mentre l'assemblea di Confcommercio era in corso è stata annunciata la decisione del governo di cancellare il provvedimento. Una novità che la Confcommercio ha incassato come una vittoria. «È il primo risultato di questa assemblea, che si fonda più sulla forza della ragione che sui muscoli», ha commentato Sangalli. «Diamo atto al governo — ha aggiunto Bernabò Bocca, presidente di Confturismo — di aver dato un segnale di attenzione al comparto del turismo, il primo settore economico del Paese». Ma se lo stop del governo alla tassa di soggiorno è una nota positiva, non basta a invertire il corso dell'incontro organizzato da Confcommercio, la prima assemblea straordinaria indetta dalla confederazione. Sangalli ha puntato il dito contro una manovra che dà un'immagine distorta dell'Italia, divisa tra ricchi e poveri, autonomi e dipendenti «mentre l'Italia reale è quella di un ceto medio diffuso». A Prodi, che parla di paese impazzito, Sangalli risponde che è questa manovra che non è in grado di comprendere il Paese. E al governo manda a dire che, nella gestione della finanza pubblica, c'è stata una «resa al potere di veto del sindacato e alla sinistra massimalista», mentre la concertazione è stata tutta giocata su «relazioni privilegiate col sindacato e con una sorta di "voce unica" del mondo delle imprese». Al di là delle critiche di metodo, a pesare in concreto sono sono in primo luogo tasse e burocrazia. Durante l'assemblea è stato presentato un rapporto realizzato insieme al Censis che spiega come, a causa della «burocrazia lumaca», l'avvio di un'impresa in Italia costa 17 volte più che nel Regno Unito e 11 volte di più che in Francia.