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di FABRIZIO DELL'OREFICE ROMANO Prodi ha deciso: è l'Italia che è impazzita.

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Davvero, il premier dice prorio così: «Qui ormai siamo in un Paese impazzito, che non pensa più al domani», attacca il Professore. Prende fiato e aggiunge: «Io ho fatto una Finanziaria che pensa allo sviluppo domani e dopodomani, nei prossimi anni a ricostruire il Paese - rincara -. Con una finanziaria del genere si fanno molti scontenti. Questo non mi fa paura. Perché non ci sono le elezioni imminenti e perché è ora che i politici governino anche scontentando, ma per il bene di tutti». Prodi non si placa. «Questa Finanziaria ha degli aspetti paradossali - commenta amaro - tutti dicono "pochi tagli di spesa" e poi c'è una ferocia contro i tagli che abbiamo fatto, che sono stati meditati, giusti, seri. Una ferocia impressionante», perché «nessuno vuole che si taglino le spese che lo interessano». E ancora: «Si dice "troppe tasse", ma la quantità di imposte è minima, siamo intorno ai tre miliardi su una finanziaria di 40-41 miliardi». E a chi gli ricorda che i tagli hanno provocato forti malumori anche all'interno del governo risponde che «evidentemente è per questo che faccio queste obiezioni, perché tutti pensano che i sacrifici debbano essere fatti dagli altri. Io dico ma allora, pensate davvero che si possa cambiare, che si possa guarire senza prendere le medicine? Ma davvero si crede ancora alle favole?». Nessun cedimento quindi sulla Manovra attorno alla quale Prodi invoca l'unità del Paese. «Ci vuole la responsabilità di tutti perché dobbiamo vivere in un Paese saggio, non in un Paese impazzito», dice poi ai cronisti che lo aspettano al pranzo dei soci del Mulino, a Bologna. Insomma, lui è savio. Sono gli atri che sono fuori di testa. Un tema ricorrente nei pensieri del Professore. Non è la prima volta che evoca quest'immagine. Senza andare troppo indietro nella storia, all'inizio della campagna elettorale (è il 27 gennaio), Berlusconi va da Costanzo, dice che il suo rivale è «in preda al panico» e fa il verso allo sketch del comico di Zelig Pino Campagna: «Prodi ci sei? Ce la fai? Sei connesso? No evidentemente Prodi non è connesso». Dopo due ore arriva la replica dell'ufficio stampa del Professore che consiglia all'allora premier di andarsi a leggere la voce «identificazione proiettiva» in un dizionario di psicoanalisi: si tratta di una sindrome che porta chi ne soffre ad «attribuire erroneamente ad altri i propri sentimenti, impulsi e pensieri inaccettabili». Un modo dotto per dire che è lui ad essere in mezzo al panico. Si scatena un putiferio il 30 marzo, a rileggerlo oggi viene da sorridere. Prodi partecipa a Radio Anch'io, un ascoltatore chiede quello che si stanno chiedendo tutti oggi: è possibile che dopo la Finanziaria il governo di centrosinistra possa dissolversi? La risposta dell'allora candidato premier dell'Unione è lapidaria: «Questo è matto». Poi arriva la pubblicità, la trasmissione riprende e Prodi fa retromarcia: «Volevo scusarmi con l'ascoltatore di prima, era soltanto la concitazione della risposta». Il giorno dopo alcuni giornalisti gli chiedono ancora conto di quella espressione, ma il Professore s'inalbera: «Era un'espressione assolutamente confidenziale, ho già chiesto scusa e ho chiarito. È inutile che la facciate larga per cose che non esistono». Ma non è finita. Gli viene chiesto che cosa risponde all'opposizione che gli chiede di andare in Parlamento a riferire sul caso Telecom-Rovati: «Ma stiamo diventando matti?», risponde il premier. Che aggiunge: «Guardate, il caso non ha nessun elemento nuovo. Lasciamo stare le chiacchiere, ne abbiamo fatte anche troppe. Facciamo parlare i fatti». Un cronista gli chiede se i fatti sono il piano Rovati o il piano Telecom. E Prodi non si contiene: «La smetta, sa come sono andati i fatti, lo sa benissimo». Tredici giorni dopo si dovrà ravvedere e andrà alla Camera. Il Paese impazzito attende tra un paio di settimane un nuovo ravvedimento.

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