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di PAOLO ZAPPITELLI HA tirato il sasso per vedere l'effetto che faceva.

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In pratica ha ottenuto l'apprezzamento di quel mondo imprenditoriale che con Prodi — ma anche con Berlusconi — ha un livello di feeling bassissimo. Negativa invece la reazione di gran parte della sinistra che di una nuova assemblea costituente non vuole proprio sentire parlare. Ma il dibattito è servito soprattutto a far capire nuovamente che, al di là delle battute sulla possibilità di un terzo mandato per i sindaci, la vera partita che Veltroni vuole giocare sarà quella sul prossimo candidato premier del centrosinistra. Una strategia, però, che si basa molto anche sulla nascita del Partito Democratico. Ed è per questo che nell'intervista a «La Repubblica» di domenica che ha innescato la risposta di Montezemolo e dell'Unione, Veltroni ha rilanciato l'idea di una nuova formazione che però non dovrà assolutamente essere una somma tra Ds e Margherita. Veltroni sa che, se vuole puntare a fare il leader dell'Unione alle prossime elezioni deve assolutamente svincolarsi dall'immagine di uomo dei Ds. Del resto nella Quercia ormai ha più nemici che amici e nessuno ai piani alti del Botteghino è disposto ad appoggiarlo nella sua scalata a candidato alla prossima presidenza del consiglio. Men che mai Massimo D'Alema, suo nemico storico. E infatti ieri testate vicine al ministro degli Esteri, come la «Velina rossa» di Pasquale Laurito e la newsletter on-line «Left wing» si sono divertite a punzecchiare il primo cittadino della Capitale. A proposito del Partito democratico, Laurito si chiede «come mai Veltroni si accorge soltanto ora degli inciampi che si sono già presentati in passato, oppure con Prodi teme che nel Pd possa formarsi una maggioranza che li escluda?». E comunque, il modello federativo, presentato da Veltroni come ripiego, è un'idea che - segnala la Velina rossa - «piace ad Angius e potrebbe piacere al Correntone, e se la scelta fosse questa potremmo avere subito la nascita di un'altra mozione congressuale, diversa da quelle finora in campo. All'interno dei Ds su questo punto sembra essere cambiato qualcosa di sostanziale e nessuno si illuda che una nuova mozione non possa avere successo. In questo momento sia per Prodi, sia per Fassino, per Veltroni e per Rutelli non esistono più le truppe cammellate». Ai giovani animatori di «Left wing» l'etichetta di dalemiani va un po' stretta, visto che sulla rivista «hanno scritto e scrivono persone dei più diversi orientamenti politici e culturali». Al contempo, però, in un recente numero della newsletter si rilevava — sul filo del ragionamento svolto dal cardinale Dionigi Tettamanzi a proposito dei cristiani — che è «meglio essere dalemiani senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo». E nel secondo genere di «dalemismo» può forse essere inquadrato il bruciante editoriale odierno. In cui si sostiene che il senso della proposta costituente di Veltroni è chiaro: «Commissariare il governo Prodi, cambiare la legge elettorale e tornare al voto. Inutile aggiungere che a quel punto non sarebbe certo Prodi Prodi il candidato del centrosinistra, e chi sarebbe l'aspirante "sindaco d'Italia" che prenderebbe il suo posto». Per «Left wing» «l'intervista domenicale a Repubblica è in fondo l'ultimo girotondo di Veltroni. Dopo avere guidato la sinistra Ds contro Fassino, D'Alema e la maggioranza riformista del partito; dopo avere messo Furio Colombo alla guida dell'Unità e Pietro Folena alla guida del partito; dopo avere alimentato in tutti i modi la stagione più buia della guerra civile antiriformista — quella di chi gridava che sedersi al tavolo delle riforme con Berlusconi era stato un tradimento e un'infamia — dopo avere fatto tutto questo, Walter Veltroni scopre ora la necessità di una "riscrittura condivisa delle regole del gioco"». Il partito Democratico servirebbe al sindaco di Roma per «annacquare» tutti i suoi concorrenti, compres

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