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di LAURA DELLA PASQUA ANCHE D'Alema chiede modifiche alla Finanziaria.

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E dire che alcuni giorni fa era intervenuto al programma Ballarò per difendere la Finanziaria. Forse allora non si era accorto che uno degli articoli della Manovra prevede una sforbiciata alle spese dei ministeri. Un giro di vite così drastico che ha scatenato una valanga di proteste dalle sedi internazionali della Farnesina, dai consolati e dalle ambasciate. Il ministero è stato sommerso da una valanga di mail e fax tutte dello stesso tono: se dovessero essere approvati i tagli ai fondi del ministero degli Esteri verrebbe messa a rischio la funzionalità degli uffici oltre confine. Così ieri D'Alema ha fatto irruzione nella sede del gruppo della Margherita alla Camera dove di lì a poco, sarebbe iniziato un vertice di maggioranza sulla finanziaria. Il vicepresidente del Consiglio si è soffermato una mezz'oretta a parlare con il capogruppo dell'Ulivo Dario Franceschini e il viceministro dell'Economia Vincenzo Visco e poi con il collega Vannino Chiti. «Così non si può fare, state tagliando troppi fondi alla Farnesina» ha detto perentorio e Franceschini, allargando le braccia ha ammesso sconfortato: «Sì, lo sappiamo. Ieri, per tutto il pomeriggio, ci hanno chiamato i ministri per dircelo». E Visco avrebbe aggiunto sorridendo: «Il ministro degli Esteri si è recato personalmente qui per dircelo...». D'Alema si riferisce all'articolo 53 della manovra, che prevede una riduzione «orizzontale» per le spese dei ministeri e, dunque, può riguardare anche «spese vive» difficilmente comprimibili. Questi tagli dovevano servire a salvare i fondi all'università, alla ricerca e anche alla protezione civile. Nella logica della coperta troppo corta a restare scoperti sono i ministeri. Tant'è che nel vertice di maggioranza si è discusso di nuovi possibili tagli alla spesa escludendo i capitoli che riguardano il sociale. In Consiglio dei ministri, l'accordo era stato di ridurre le spese del 10%. Ora tale percentuale salirebbe dall'11 al 14%, a seconda dei vari capitoli di spesa dei dicasteri. Il capogruppo dell'Udeur Mauro Fabris ha lanciato la proposta di lasciare ai ministri interessati il compito di «dire di quanto sono disposti a tagliare ulteriormente». Il ministro dei Rapporti col Parlamento Chiti si è mostrato quindi disponibile ad approfondire la questione e ora verificherà con i singoli dicasteri che possibilità ci sono. Uno sforzo che, da quello che si apprende, sarebbe stato molto apprezzato da D'Alema che, comunque, continua a seguire con attenzione le sorti dell'articolo 53. La linea tracciata dal vicepremier, in ogni caso, è condivisa dal Guardasigilli Clemente Mastella che da tempo ha lanciato l'allarme sulla penuria di fondi insufficienti per far funzionare la macchina della giustizia. E non si finisce qui. I tagli colpiscono anche la Croce Rossa, la scuola, la sanità e lo spettacolo. Riccardo Villari, responsabile riforme della Margherita avverte che «non si può agire in modo indiscriminato, senza nessuna strategiaaltrimenti il rischio è la paralisi della macchina statale». Se in alcuni comparti le spese «possono essere sicuramente superflue, in altri non lo sono affatto. Per questo motivo bisogna ponderare attentamente ogni singola situazione». L'opposizione non si lasciata sfuggire l'occasione di sottolineare il dietro front di D'Alema. Maurizio Gasparri di Alleanza Nazionale è tranchant: «Siamo alla frutta se anche D'Alema fa outing legge. Questa legge metterà a secco le casse dei ministeri e ripulirà i portafogli degli italiani. E il capogruppo di Forza Italia Renato Schifani: «Le note del De profundis per Prodi da oggi risuonano sempre più minacciose». E l'ex ministro della Sanità Francesco Storace (An): «Solo l'Unione poteva colpire la Croce Rossa». Poi invita l'attuale responsabile del dicastero, Livia Turco a «svegliarsi per evitare che il suo governo mandi al macero un lavoro che ha restituito autonomia e prestigio ad un'istituzione apprezzata in tutto il mondo».

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