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Baghdad: «Non c'è sicurezza» Onu: «L'Italia è senza fondi»

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Adesso il Governo Prodi può dire di aver scontentato tutti con la sua Legge Finanziaria fatta di tasse, tagli e poche risorse. Con buona pace della triplice sindacale che fino ad ora rimane l'unica a non aver criticato la manovra. Stavolta a scendere in piazza, si fa per dire, sono i rappresentanti delle ambasciate, consolati e istituti di cultura italiani all'estero. E la data dello sciopero è già fissata per il prossimo 9 novembre. Una vera e propria sommossa generale contro i tagli decisi dal Governo al bilancio del Ministero degli Affari Esteri. In soldoni, si parla di un taglio di oltre 40 milioni di euro oltre a una sforbiciata all'Ise cioè l'Indennità di Servizio all'Estero. Un'eventualità che se si verificasse produrrebbe, secondo l'ambasciata italiana a Washington, «uno scadimento del servizio, l'esodo dei più giovani e dei più capaci, il non afflusso dei più qualificati e preparati». Ma dalle parti delle rappresentanza diplomatiche i toni sono accesissimi, come confermano i comunicati stampa che attaccano il Governo, colpevole come scrive l'ambasciata a Maputo (Angola) di aver messo in atto un «taglio ignorante». E la rassegna delle critiche è lunga. Si parte dalla «profonda ignoranza dei meccanismi di funzionamento della rete diplomatica» delle ambasciate del Medio Oriente e del Nord Africa a «l'inammissibile svilimento del ruolo di chi da sempre serve lo Stato con dedizione» delle rappresentanze diplomatiche della Turchia. Senza dimenticare l'ambasciata italiana a Washington che preannuncia «un'adesione massiccia allo sciopero indetto per il giorno 9 novembre». Non c'è che dire un «ein plein» di proteste che ben poche volte è riuscito nella storia ad un Governo. Tutti scontenti, tutti delusi. In realtà però nella maggioranza il timore è un altro. Molti, infatti, temono che la protesta possa dare un colpo tremendo all'immagine, costruita in questi mesi, di un'Italia rispettata a livello internazionale. Che l'onda lunga delle polemiche travolga i benefici avuti dal Governo con la missione in Libano e con il seggio di membro permanente all'Onu. E non è un caso che proprio ieri il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema, abbia fatto capolino durante la riunione dei capigruppo della maggioranza, lamentandosi per i troppi tagli alla Farnesina. Preoccupazioni politiche che si rispecchiano in una dura lettera della Rappresentanza Permanente d'Italia alle Nazioni Unite in cui senza troppi giri di parole si constata «il sempre maggiore divario fra le ambizioni internazionali dell'Italia e le (non) risorse di cui da anni ormai (non) disponiamo». E continuando ci si chiede: «Guida delle operazioni in Libano; accresciuto ruolo in Medio Oriente; leadership nel processo di riforma del Consiglio di Sicurezza: siamo orgogliosi di contribuire a questo rinnovato ruolo del Paese. Ma con quali risorse?». Risorse che per la nostra rappresentanza all'Onu sarebbero insufficienti rispetto alle Nazioni che siedono nel Consiglio di Sicurezza e che «destinano cinque volte più di noi». Poi, come detto, ci sono le proteste vibranti come quella delle ambasciate mediorientali che criticano il Governo di «vocazione al velleitarismo e alla sterile e vuota declamazione di intenti che poi non si possono perseguire». Oppure di chi come l'ambasciata a Beirut critica i tagli in un momento di spese notevoli per «la presenza continua di Delegazioni ufficiali e di Rappresentanti delle nostre Istituzioni» dopo il varo della missione in Libano. Un riferimento che sa più di un richiamo. E a Baghdad si fa notare come un taglio di risorse «pregiudicherebbe pesantemente la sostenibilità dell'azione dell'Italia». Non basta perché c'è chi nel consolato italiano di Bastia in Corsica parla di un taglio illegittimo all'Ise, contrario alla riforma del 98, fatta proprio dal centrosinistra. In sostanza, quindi, una polemica che rischia di travolgere tutto il Governo e di «umiliare le risorse umane della Farnesina e la loro professionalità». Parole dell'ambasciata itali

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