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di FILIPPO CALERI LE PICCOLE e medie imprese non ci stanno.

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Così ieri le principali associazioni di rappresentanza degli artigiani e delle medie aziende italiane si sono riunite a Roma al teatro Capranica per fare sentire la loro voce. Niente piazza per ora. Ma solo un confronto tra le diverse anime del mondo produttivo per contarsi e decidere le forme di pressione più adeguate per indurre l'esecutivo a cambiare linea. Al termine del meeting, intitolato «Le imprese. L'Italia» però gli organizzatori non hanno avuto dubbi sulla volontà di continuare a lottare. Unanime è stata la critica che i vertici delle organizzazioni hanno rivolto al Governo. «Ci chiamano evasori, ci additano e ci sbeffeggiano, ma noi siamo l'altra Italia, quella che è impegnata a lavorare, rischiando in proprio ogni giorno alzando la saracinesca delle nostre aziende», hanno detto Giacomo Basso (Casartigiani), Carlo Sangalli (Confcommercio), Giorgio Guerrini (Confartigianato), Ivan Malavasi (Cna) e Marco Venturi (Confesercenti). E le cifre confermano le affermazioni. In Italia ci sono 1,5 milioni di imprese, 1,7 milioni di addetti (per il 94% con contratto di lavoro a tempo indeterminato), oltre 43 miliardi di euro di export (con una quota complessiva che sfiora il 17% del totale) e quasi 2 milioni di imprenditori artigiani. «Questo è anche il motivo per cui noi siamo gli ambasciatori del Made in Italy nel mercato globale», ha detto il leader della Confartigianato Guerrini. Infatti, ha aggiunto, «non sarebbe difficile citare esempi di grandi imprese italiane incapaci di reggere la concorrenza internazionale e, contemporaneamente, casi di piccole imprese che invece hanno saputo conquistare e mantenere prestigiosa la leadership sui mercati mondiali». Ma a ciò, ha proseguito, nessuno sembra far caso, ed ora «siamo chiamati a fare i conti con una Finanziaria che peggiora di molto la situazione degli imprenditori autonomi, come dimostrano i provvedimenti relativi agli studi di settore, ai contributi per l'artigianato e sulla previdenza per gli autonomi». E dire, ha ricordato, «che nel Dpef di luglio avevamo intravisto le prospettive per un reale progresso del Paese». L'aumento della pressione contributiva degli apprendisti, ha spiegato Ivan Malavasi della Cna, «nei fatti qualifica ideologicamente come lavoro precario un istituto che in realtà, per oltre 50 anni, ha creato lavoro e professionalità, colpendo in questo modo l'unico strumento di ingresso agevolato sul mercato del lavoro». Le misure di bilancio adottate nell'ambito della Finanziaria, ha proseguito, «trascurano la necessità di riorganizzare e ridurre la spesa pubblica, penalizzando invece il sistema delle imprese». Non a caso la crescita della pressione fiscale «stimabile nell'1,3% tra il 2006 e il 2007 costituisce la "cifra" di questa Finanziaria, accanto alla sostanziale rinuncia ad incidere sulla spesa pubblica». Inoltre, gli adeguamenti automatici degli studi di settore ha il solo scopo di incassare 3,3 miliardi di euro nel 2007, 3,8 nel 2008 e 4,9 miliardi per il 2009. Casartigiani ha chiesto infine più ascolto, se non altro «per essere rispettati. Vogliamo essere ascoltati - ha chiesto il presidente Giacomo Basso - non più degli altri ma come gli altri». Anche perchè «il lavoro dipendente nel nostro Paese ha sempre avuto una considerazione superiore rispetto a quello autonomo»

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