LA SFIDA DEI POLI

Lamberto Dini torna prepotentemente al centro della politica italiana. O forse si dovrebbe dire resta al centro. Una storia, la sua, che parte da lontano quando a 25 anni riuscì a vincere la borsa di studio della Banca d'Italia e potè perfezionare gli studi in America. Grandi capacità quelle di «Lambertow» che divenne uno dei direttori esecutivi del Fondo monetario internazionale, prima di tornare in Italia come direttore generale della Banca centrale. Poi la presidenza del Consiglio grazie all'investitura di Berlusconi e le tante cariche politiche che ne seguirono. Lamberto Dini ostenta la solita aria impassibile, appresa in tanti anni proprio in Banca d'Italia. In fondo la poltrona di superministro dell'Economia è stata affidata a Tommaso Padoa Schioppa, suo rivale storico sin dai tempi di via Nazionale. Una storia parallela quella tra Dini e Bankitalia in quanto era lui in pole-position alla successione di Ciampi alla carica di governatore. Andò diversamente ma ora Dini può prendersi le sue rivincite e, perché no, sondare il terreno per approdare nuovamente a Palazzo Chigi. Proprio quando torna in scena il confronto fra il governatore della Banca d'Italia e il ministro dell'Economia alla Giornata Mondiale del Risparmio, organizzata dall'Acri. Alla Ottantaduesima edizione, domani a Palazzo della Cancelleria a Roma, al fianco del padrone di casa Giuseppe Guzzetti e del presidente dell'Abi, Corrado Faissola, saranno infatti regolarmente al loro posto Mario Draghi e Tommaso Padoa-Schioppa. Le due massime figure istituzionali in materia economica, che interverranno di fronte al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e a un parterre ricco di personalità della poltica e della finanza, riprendono la lunga tradizione interrotta lo scorso anno dall'allora titolare di Via XX Settembre, Giulio Tremonti. E ci sarà anche Lambertow, presidente della commissione Esteri. Già sono partiti i primi segnali poco distensivi di Dini sullo sviluppo economico: la Finanziaria deve essere modificata. «Siamo lontani dalle ipotesi di raggiungere un Pil al 3% - afferma Dini - e dobbiamo puntare sulla crescita per sostenere il Paese». La battuta raccolta da IlTempo con cui il Ministro dell'Economia ha invitato il governatore a «leggersi le carte prima di criticare la Manovra» potrebbe essere solo l'antipasto di una nuova tensione tra le principali istituzioni economiche italiane. E Dini potrebbe approfittarne. Non è contento, da economista e da politico, l'ex presidente del Consiglio di questa Manovra. Ma per senso di responsabilità e di correttezza la voterà. Nonostante da qualche settimana il suo nome venga indicato da più parti come il collante per quelle larghe intese che dovrebbero invitare Prodi a fare un passo indietro per lavorare a un governo più solido. «Voterò la fiducia alla Finanziaria se non viene sconvolta in Parlamento nei suoi saldi - ha affermato ieri Dini in una intervista a IlSole 24ore - visto che gli stessi ministri che l'avevano approvata hanno presentato 284 emendamenti. Ma durante o dopo bisogna raddrizzare il tiro riequilibrando al centro l'azione di governo». Rinnovamento Italiano rappresenta l'ala moderata della coalizione e a Dini non piace constatare che alcune forze spingano troppo a sinistra l'azione di governo. Le voci di un dopo-Prodi si sono rafforzate, complice anche il silenzio di Lambertow durante il recente viaggio in Giappone. E ora si sente in una posizione di forza e non rinuncia a dure critiche sulle misure decise dal viceministro dell'Economia Vincenzo Visco che definisce «vessatorie e non necessariamente efficaci, anche se la lotta all'evasione è sacrosanta». Resta il fatto che nell'immediato, «compito del governo e di tutte le forze della coalizione è che la Finanziaria sia approvata entro dicembre senza sconvolgimenti nei suoi saldi complessivi. Perchè rimettere i conti pubblici entro i parametri europei è il merito, pressocchè unico ma davvero fondamentale, di questa Finanziaria». Subito dopo, però, Lamberto Dini non farà scon