di LUIGI FRASCA COME al solito quando si tratta di far tornare i conti si tirano sempre in ballo i pensionati.
All'inizio si doveva mettere mano allo scalone, eredità lasciata dall'ex ministro leghista Maroni ma ora c'è la tentazione di andare oltre. Non riuscendo a tagliare la spesa pubblica e consapevole che dalla lotta all'evasione più di tanto non si riesce a ottenere, si sta facendo strada l'idea che l'unico modo per far quadrare i conti è di andare a colpire i pensionati. O meglio coloro che sono a un passo dall'uscita dal lavoro. Le ricette sono sempre le stesse. C'è poca fantasia quando si tratta di far cassa in fretta e furia e soprattutto di fare bella figura con Bruxelles. Il ventaglio delle ipotesi sul tappeto comprende l'aumento dell'età di pensionamento, che ora è a 57 anni per le uscite di anzianità, di uno o due anni; l'abolizione della differenza per la pensione di vecchiaia tra uomini e donne elevando l'età delle donne (ora 60) portandola al livello di quella degli uomini (65); il superamento del divieto di cumulare la pensione con un altro stipendio: si potrà da pensionato esercitare un'attività lavorativa cumulando i due redditi. Altri temi di discussione sono anche la modifica degli indici di rivalutazione del montante contributivo con il risultato che diminuirà l'entità delle pensioni, e il superamento dei trattamenti previdenziali differenziati di cui godono ancora alcune categorie. Questi temi dovrebbero essere discussi in un tavolo che dovrebbe aprirsi a gennaio e concludersi a fine marzo. Il condizionale è d'obbligo dal momento che nella maggioranza ci sono posizioni diverse. I Ds spingono per la riforma mentre la sinistra estrema, da Rifondazione ai Comunisti, non ne vuol sapere di cambiare le carte in tavola. L'unica modifica possibile è quella dello scalone di Maroni. «Si può abolire anche con un decreto senza neppure aprire un tavolo di confronto» ha detto il numero uno dei Comunisti Diliberto all'uscita dal summit di Villa Pamphili. Una tesi rilanciata dal segretario di Rifondazione Giordano che ha mandato un perentorio alt all'aumento dell'età pensionabile come pure a qualsiasi modifica dell'attuale sistema definito dalla riforma Dini. Di contro ieri il ministro del Lavoro Cesare Damiano ha ribadito che il governo intende andare avanti. Quanto a Rifondazione, Damiano è ottimista: «Nei momenti decisivi si riesce sempre a arrivare a un accordo in zona Cesarini». E aggiunge che «si devono far prevalere le ragioni della maggioranza piuttosto che quelle di un singolo partito perchè tutto questo stressa la coalizione e il rapporto con l'elettorato». E in effetti l'elettorato più che stressato è impaurito. Tant'è che il vicepresidente di Forza Italia Giulio Tremonti, interpretando l'umore di coloro che stanno per andare in pensione, ha detto: «Si salvi chi può. Chi può andarsene se ne vada prima che gli venga sbarrata la strada». La conferma di queste clima di preoccupazione viene dai dati dell'Inps sull'incremento delle richieste per le pensioni di anzianità.