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LA SINISTRA va al potere.

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Non una parodia. Non una caricatura dei governanti dell'Unione, i nuovi potenti. Che ne è stata della satira politica? Ingrigiti i feroci vignettisti gauchisti. Altan, Ellekappa, Staino. Gente che prima, con la matita, graffiava a sangue il governo. E ora al massimo fa il solletico. Scomparse dai palinsesti televisivi le trasmissioni satiriche. O affidate a personaggi della vivacità di Afef. Insomma, nell'Italia prodiana non si ride. Guai. L'altro giorno il Tg2 ha mandato in onda un rap sul presidente del Consiglio. Scandalo. La sinistra ha gridato al «vilipendio alle istituzioni». Vincino, che è vignettista del Foglio, la mette in questi termini: «È vero, la satira ha difficoltà a prendere di mira la sinistra. I comici e i vignettisti organici a essa considerano un peccato canzonarla. Di più, ritengono sia un reato di lesa maestà». Il disegnatore ritiene ci sia un motivo pedagogico a monte. I politici post-comunisti non sono mai stati abituati a essere sbeffeggiati. Il che li rende più permalosi degli altri. «Tutta colpa di quello splendido personaggio che fu Fortebraccio. Se, dalle colonne dell'Unità, avesse dedicato un quarto della sua satira al Pci, gli avrebbe fatto un favore. E avrebbe educato anche quella generazione di satirici di sinistra a essere più irriverente verso la propria parte politica. Oggi invece molti dei miei colleghi sono omertosi. Fanno finta di non vedere quanto materiale ci mette a disposizione questa sinistra». Ma dove sono finiti i grandi comici della sinistra? Quelli messi all'indice dal centrodestra e che sarebbero trionfalmente tornati con l'Ulivo al potere? Scomparsi. O meglio, vanno in tournée per l'Italia. Feste dell'Unità, soprattutto. Corrado Guzzanti, Sabina Guzzanti, Marco Marzocca, Paolo Hendel. Il loro repertorio, però, non cambia. Sempre anti-berlusconiani. Sempre anti-Bush. Mai una barzelletta su Prodi. Come se non fosse cambiato nulla. Alfio Krancic, vignettista del Secolo d'Italia e del Giornale, prova a spezzare una lancia in favore dei colleghi: «Capisco che la satira sinistrorsa si trovi in difficoltà a sbeffeggiare i propri politici. Sono le stesse difficoltà in cui mi sono trovato in cinque anni di governo del centrodestra. La satira per statuto dovrebbe essere libera di colpire i potenti. Chiunque essi siano. Poi però nella pratica non è così. Ed è possibile che uno possa avere delle remore». Berlusconi. La satira non riesce a liberarsi del Cavaliere. Un odio-amore catulliano. D'accordo, il presidente di Forza Italia, nell'iconografia della sinistra, rappresenta e rappresenterà sempre il potere. Se non quello politico, di certo quello economico e mediatico. Ma possibile che i comici di sinistra continuino a bersagliare solo lui? «La satira deve molto a Berlusconi. Ma anche lui deve molto alla satira». È il paradosso di Vincino. Che si lamenta della qualità del personale politico al potere. Dal suo punto di vista, ovviamente: «Troppe figure grigie. Troppi burocrati al governo. Pochi spunti per riderci su». Concorda Krancic: «Prendi ad esempio Ferrero e Damiano. Sono due ministri. Dopo mesi io ancora li confondo. Non so cosa faccia l'uno e cosa faccia l'altro». E Romano Prodi? Anche lui ha dimostrato di non essere da meno del Cavaliere. Come gaffeur. Ancora Vincino: «Prodi si presterebbe tantissimo come soggetto. E' un professore. Categoria che prendiamo in giro dai tempi della scuola. È un post-dc. È stato all'Iri. È uno che le spara grosse. Insomma ci sono tutte le premesse. Ma è protetto dalla sinistra. E la satira di area gliele fa passare tutte lisce». S. D.

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