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Bocciato il decreto sugli sfratti. Prodi «È solo un incidente»

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Stavolta è toccato al decreto del governo sul blocco degli sfratti, battuto per 4 voti (151 a 147 voti). E la giornata si è chiusa con l'esecutivo a un bivio: ripresentare il provvedimento, ovviamente fortemente modificato, o affidarsi ad un disegno di legge. Quest'ultima strada ha però il grave handicap — come ha spiegato ieri sera il ministro Ferrero nell'Aula del Senato — di lasciare campo libero agli sfratti in tempi brevi, «dato che è difficile che un disegno di legge possa essere approvato in pochi giorni». Si «deve evitare che questi problemi di disagio sociale diventino problemi di ordine pubblico», ha aggiunto Ferrero. Prodi però, nonostante gli affanni della sua maggioranza continua a dispensare sorrisi e a sprizzare ottimismo: la «maggioranza c'è ed è tranquilla», ha detto partecipando alla presentazione del libro di Giulio Santagata sulla Fabbrica del Programma. «Si è trattato solo di un incidente di percorso — ha aggiunto — Basta con il mulinello delle interpretazioni interessate». Se si desse retta ai commenti politici e alle illazioni, il governo «sarebbe andato in crisi già 65 volte. Invece non è successo e noi andiamo avanti». Ma nonostante le sue rassicurazioni ieri la maggioranza ha vissuto 12 ore difficilissime, impegnata a prendere tempo per gran parte del pomeriggio al Senato per arrivare ad un voto sulle dimissioni di due sottosegretari adottando una sorta di «filibustering» nei suoi stessi confronti, con dichiarazioni in dissenso, al solo fine di evitare il pericolo di andar sotto un'altra volta visti i numeri dell'Aula con molti assenti e malati tra le sue fila. Alla fine però la giornata si è chiusa, ma c'è un'ulteriore conferma della fragilità della maggioranza che ha accolto le dimissioni di uno dei due sottosegretari, Filippo Bubbico, solo quando alla Cdl mancavano 8 senatori dall'Aula. In una riunione subito dopo la bocciatura del decreto il vice presidente del gruppo dell'Ulivo, Luigi Zanda, ha ipotizzato che non si tengano più le missioni per non sottrarre senatori che diventano decisivi in caso di malattia di qualche esponente della maggioranza. «In queste condizioni dobbiamo considerare eccellente la coesione politica dell'Unione in Senato in questi primi sei mesi di legislatura. Quanto accaduto oggi fa emergere un delicato problema istituzionale e cioè di come i senatori della maggioranza possano rappresentare il Senato della Repubblica nei diversi consessi internazionali presso i quali il Senato stesso li ha inviati in propria rappresentanza». Una scelta non da poco che, se adottata, non avrà precedenti. Ieri c'è stato un momento in cui si erano percepiti dei segnali per non arrivare al «braccio di ferro» da parte di alcuni senatori, anche della Cdl, ma alla fine, nonostante 7 senatori dell'Unione tra malati e assenti (gli altri 4 erano in missione, Angius non ha votato perché presiedeva) si è votato, e il risultato ha fatto esultare la Cdl. In serata Prodi si è poi sfogato dopo giorni di tensioni con la maggioranza: «Stiamo rispettando il programma. Tutto il resto è musica». Una risposta, senza dubbio dura, alle pressioni arrivate da Ds e Margherita per una «fase 2» del governo, per un'agenda che metta al primo posto le riforme. Ma soprattutto l'attacco è sferrato solo poche ore dopo un incontro con Piero Fassino e Francesco Rutelli, con i quali Prodi si è visto di buon mattino a Palazzo Chigi. Tuttavia il clima tra il premier e gli alleati non sembra dei più sereni. Ds e Margherita chiedono con insistenza una fase 2 del governo? «È un termine che non conosco, che ignoro e che non uso», risponde Prodi. C'è chi ha sottolineato la mancanza dello spirito del'96, come Massimo D'Alema. «Nego alla base la verità di questa affermazione», è la risposta.

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