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Fuori dal lavoro più tardi e più poveri

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Il governo studia come elevare l'età di uscita e cambiare il sistema di calcolo

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Nel testo si dice che «il forte aumento dell'aspettativa di vita e la flessibilità e precarietà del mondo del lavoro hanno determinato condizioni nuove che si riflettono sul sietam previdenziale». Tradotta questa frase apre a due possibili cambiamenti: dell'entità dell'assegno previdenziale e dell'età di pensionamento. Tra le ipotesi sul tappeto c'è infatti la revisione degli indici di rivalutazione del montante contributivo. Il che significa un abbassamento dell'entità delle pensioni. Tutto nasce da uno studio del Nucleo di valutazione della spesa pensionistica nel quale si mette in evidenza che per assicurare l'equilibrio della spesa previdenziale occorrerebbe ritoccare al ribasso l'importo delle pensioni. Altro punto sul tappeto è l'elevazione dell'età di pensionamento che ora è a 57 anni per le uscite di anzianità, aumentandola di uno o due anni. Si discuterà anche della possibilità di equiparare per lapensione di vecchiaia l'età delle donne (ora 60) a quella degli uomini (65). C'è poi l'ipotesi di eliminare la restrizione al lavoro degli anziani superando il divieto di cumulo. I pensionati potrebbero esercitare qualche attività lavorativa sommando così i due redditi. Molto dibattuto l'argomento dei precari che alternano periodi di lavoro con altri di disoccupazione e quindi di vuoto contributivo. Allo studio la possibilità di istituire un fondo per compensare questi momenti di assenza di versamenti che rischiano di compromettere l'entità delle pensioni future. Sul tappeto poi il passaggio al sistema contributivo pieno per tutti e l'eliminazione delle differenze che tutt'ora esistono nei trattamenti e nel calcolo della pensione per alcune categorie. Al punto uno della riforma c'è il superamento del tanto contestato scalone introdotto dall'ex ministro leghista Roberto Maroni. Con l'obiettivo di arginare l'aumento della spesa previdenziale, Maroni aveva bloccato le uscite dal lavoro dal 2008 al 2010 escludendo però coloro che al 1° gennaio 2008 avranno 40 anni di contributi. Tra le ipotesi sul tappeto c'è di rimuovere il blocco delle uscite lasciando libertà di pensionamento a coloro che hanno raggiunto i requisiti di legge e introducendo un meccanismo di incentivi e disincentivi con l'obiettivo di indurre i lavoratori a restare in servizio. Per convincere a prolungare la vita lavorativa ci sarebbe un incremento della pensione e di contro per coloro che vogliono uscire una penalizzazione del reddito previdenziale. Al momento sono solo ipotesi che hanno però già sollevato un vespaio di critiche e polemiche. Tutto è rinviato a gennaio quando si aprirà la trattativa. L.D.P.

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