Dopo Rossi (Pdci) anche Giannini (Prc) minaccia di non votare la Finanziaria. Governo in allarme
Così era abbastanza prevedibile che, durante la delicata discussione sulla Finanziaria, qualcosa potesse incepparsi. Il punto è che, come era già successo in occasione del voto sul rifinanziamento della missione in Afghanistan, i problemi sono già cominciati. Ad oggi sono infatti quattro i senatori «dissidenti» che minacciano di non votare la Manovra se non verranno fatte le opportune modifiche. E l'Unione rischia, a questo punto, di non avere i numeri. Se si escludono i senatori a vita, infatti, il vantaggio della maggioranza è di soli due senatori (158 a 156). Tra di loro, però, è conteggiato anche Sergio De Gregorio, presidente della commissione Difesa e uscito dall'Italia dei Valori per fondare il movimento Italiani nel mondo. De Gregorio ha sempre rivendicato la propria autonomia. Così, il primo ottobre, criticando i tagli alle Forza Armate contenuti nella Manovra aveva detto: «Per difenderle sono disposto a fare le barricate in Senato e non escludo di non votare la fiducia, se fosse posta». Un avvertimento che non aveva comunque preoccupato la maggioranza. Dopotutto, era il ragionamento, anche senza De Gregorio, l'Unione era in vantaggio di un senatore (157 a 156). Purtroppo non immaginavano quello che sarebbe accaduto. A complicare la situazione ci ha pensato Fernando Rossi che, a causa dei contrasti con il segretario Oliviero Diliberto, ha lasciato i Comunisti Italiani. Rossi ha già detto che non voterà la Manovra così come è (e siamo 156 pari), ma non è solo. Anche Fosco Giannini, senatore «dissidente» di Rifondazione, si è schierato con il collega. «Allo stato attuale - ha detto - come si fa a votare la Finanziaria?» Come se non bastasse anche un altro «battitore libero», il senatore eletto all'estero Luigi Pallaro (normalmente considerato in quota Unione), ha già lanciato il suo avvertimento: «Così com'è, non vedo perché dovrei approvare una Finanziaria che non mi convince. Perché dovrei farlo, visto che non prevede quanto abbiamo chiesto per gli italiani all'estero?». Insomma se tutti i «dissidenti» manterranno la loro promessa, l'Unione potrà contare solamente su 154 voti. Troppo pochi per approvare la Manovra senza il soccorso determinante dei senatori a vita. La Cdl, infatti, anche senza Marco Follini (che si è comunque detto fedele al centrodestra), ha 155 voti. L'unica arma nelle mani di Prodi sembra essere, a questo punto, quella di blindare la Finanziaria sperando che il voto di fiducia basti per richiamare il senso di responsabilità dei dissidenti. Ma c'è un'altra e più importante partita che, a questo punto, rischia di essere decisiva: quella per il rifinanziamento della missione in Afghanistan. E qualcuno dentro Rifondazione ammette: «Se Prodi mette la fiducia senza cambiare qualcosa, i dissidenti saranno molti di più».