di SIMONA CAPORILLI RUTELLI e Fassino rispondono all'appello di Prodi di rimanere uniti.
Punti delicati sul tavolo delle trattative, che hanno lo scopo di fare accettare. Alla prima il vicepremier, nonché ministro della Cultura, ha detto di dimostrarsi afona rispetto alle pressioni dei monopolisti contro le liberalizzazioni. Un'accusa, quest'ultima, che è stata mossa con parole garbate alla prestigiosa associazione degli industriali. Proprio quell'associazione di industriali che, a Vicenza, fischiò l'ex premier Silvio Berlusconi. Chiedendo a gran voce una sorta di «ricambio generazionale» nelle fila governative. Rutelli, insomma, sta cercando di funzionare da collante per il ceto medio: professionisti delusi, categorie in cerca di risposte. E, soprattutto, riprendere il consenso in Confindustria (alla quale comunque non ha risparmiato qualche frecciatina) peraltro già largamente soddisfatta con i regolamenti passati. «Qualche volta vorrei sentire in Confindustria qualcuno che se la prende con quegli associati, che sfruttano rendite di posizione e che si oppongono al cambiamento. Mica solo il governo è condizionato», ha chiosato Rutelli. Dal vicepremier sono arrivate una linea di condotta da seguire e una promessa. La prima è quella delle «riforme» da perseguire intervenendo prima di tutto sulle finanze. La seconda è quella delle liberalizzazioni: per queste bisognerà aspettare ancora la prossima stagione. È una promessa indirizzata proprio agli industriali che, così facendo, potranno dormire sonni tranquilli - almeno per i prossimi mesi - tenendosi lontani dalle polemiche. Finanza pubblica e riforme, comunque, interessano da vicino sia il ceto medio che le fila degli industriali. Così come il cuneo fiscale, che indubbiamente li ha favoriti facendo alzare peraltro la voce alle altre categorie. Le concessioni, nel dettaglio, saranno fatte nelle tv così come nelle autostrade, tallone d'Achille italiano e, comunque, settori monopolistici poco adatti al cambiamento. «Vogliamo dare al paese cinque anni di ripresa, cinque anni di fiducia», ha chiosato il vicepremier Rutelli. Un riavvicinamento ai Democratici di Sinistra o, comunque, una fiducia rinnovata a Palazzo Chigi? Qualcosa di più. Si direbbe un altro passo fondamentale verso al creazione del partito Democratico. Fazioni minori a parte, alla sua creazione rimangono continuano a esserne intenzionati sia i Democratici di Sinistra che la Margherita. Magari gli unici due partiti di centrosinistra che, alla fine, entreranno davvero a farne parte. Ma in ballo c'è ancora la legge Finanziaria e, soprattutto, la sua difesa. Ieri è toccato a Lettieri, il sottosegretario all'Economia. E Piero Fassino - nonostante alcuni lo considerino «lontano» dalle politiche di Palazzo Chigi - non fa altro che spalleggiarli: «Nelle critiche di Montezemolo c'è un giudizio ingeneroso - ha commentato - soprattutto perché non credo che questa sia una finanziaria conservatrice oppure statalista. Quello che certamente colgo nelle critiche di Montezemolo - ha aggiunto Fassino - è rendere più evidente che al centro di tutta l'azione del governo vuole esserci il creare condizioni di espansione, sviluppo e crescita. Questa è l'impostazione che abbiamo avuto fin dall'inizio; forse non sempre siamo stati in grado di renderlo evidente e chiaro». Ciò che sottende la difesa alla Finanziaria da parte di tutte le forze politiche della sinistra è, comunque, una rinnovata fiducia nei confronti del governo Prodi. Il «pericolo», infatti, è che le discussioni interne alla maggioranza possano essere in qualche maniera «usate come grimaldello per far saltare il governo», come ha affermato Enrico Boselli, segretario dello Sdi. Intanto a oggi è stato fissato l'appuntamento per la firma sull'accordo per il Tfr. Un accordo che ha fatto parlare di sé e sul quale si è discusso a lungo e che, il centrodestra, ha addirittura invitato a non firmare. Un accordo che vede coinvolte ancora una volta le sigle sindacali e, soprattutto, gli imprenditori: in particolar