di PAOLO LUIGI RODARI IERI, a Verona, era il giorno del commiato del cardinale Camillo Ruini dalla presidenza della Cei.
«Per il futuro - ha detto Ruini - si dovrà lavorare non sul piano direttamente dell'azione politica, ma piuttosto su quello della elaborazione culturale e della formazione delle coscienze». Parole, queste ultime, che dettano una nuova linea alla quale la Chiesa italiana deve in qualche modo adeguarsi. È finito il tempo dei tentativi, sempre andati a vuoto, di aggregare i politici cattolici attorno a un unico partito stile Democrazia Cristiana. Oggi è il tempo dell'unità sui valori, al di là delle diverse appartenenze politiche. Quell'unità che i cattolici hanno saputo trovare soltanto sporadicamente e ultimamente con esperienze che Ruini giudica significative quali «Scienza & Vita», il Forum delle Famiglie, «RetInOpera», esperienze caratterizzate da «una forte unità tra i cattolici e una assai significativa convergenza con esponenti della cultura "laica"». «Si è potuto interpretare così - ha detto Ruini - , come è apparso specialmente in occasione del referendum sulla procreazione assistita, il sentire profondo di gran parte del nostro popolo». Ruini ha, poi, parlato della sfida del terrorismo internazionale: «Dopo l'11 settembre - ha detto - la sfida rappresentata dal terrorismo è diventata aspetto di una problematica molto più ampia, il risveglio religioso, sociale e politico dell'Islam». Questo «grande processo tocca da vicino» la Chiesa italiana, ha detto il porporato. Alla platea di Verona, il cardinale ha anche ribadito il messaggio di Papa Ratzinger, sottolineando come sulle tematiche etiche e in particolare sulla tutela della vita la Chiesa «non si coinvolge in scelte di partito ma opera per i principi etici». Più in particolare il presidente dei vescovi italiani, ha chiarito l'atteggiamento che la Chiesa intende avere di fronte alla tendenza individualista «fortemente presente nella cultura pubblica». «Non intendiamo opporre un rifiuto altrettanto unilaterale - ha detto Runi - a chi pone l'accento unilateralmente sui diritti individuali e le libertà del singolo piuttosto che sul valore dei rapporti che uniscono le persone tra loro». «Il senso del nostro impegno di cattolici italiani - ha spiegato Ruini a Verona - va, dunque, prima che a fermare quei cambiamenti che appaiono negativi per il Paese, a mantenere viva e possibilmente a potenziare quella riserva di energie morali di cui l'Italia ha bisogno, se vuole crescere socialmente, culturalmente e anche economicamente». Ruini pare possa rimanere in sella alla presidenza della Cei ancora fino ad aprile. In questi mesi, Ratzinger sarà chiamato a deciderne il successore. Il Papa del post-Verona, sembra possa indirizzarsi per la successione di Ruini a scegliere un presule che continui la linea «ruiniana» del non tirarsi indietro. E in questo senso il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna e il più dialogante cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, sembrano i più indicati. Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, rimane comunque in corsa, anche se leggermente più indietro soprattutto dopo i cinque giorni veronesi. Da valutare è anche il nome del futuro segretario generale. Monsignor Giuseppe Betori pare possa riprendersi per Pasqua dopo il delicato intervento chirurgico subito qualche settimana fa. Mentre la vera speranza dell'episcopato italiano, il vescovo di Monreale. Cataldo Naro, è improvvisamente scomparso poche settimane fa, lui che aveva lavorato alacremente nel comitato preparatorio del convegno veronese.