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«Scelta autolesionista che rafforza l'opposizione»

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Lo stereotipo di una sinistra tradizionalmente libertaria, aperta alle critiche, tollerante nei confronti di ogni forma di dissenso sta sbiadendo nelle ultime settimane. Sfiorisce di fronte alla cronaca che ci racconta delle richieste punitive da parte dell'Ulivo nei confronti di Rai2 per aver mandato in onda un frammento di «rap prodiano». Appassisce leggendo che il premier si lamenta perché le sue dichiarazioni sulle intercettazioni non hanno trovato spazio sui giornali. Tramonta definitivamente quando si apprende che l'asfalto di piazza Colonna e la strada limitrofa sono diventati off limits per le manifestazioni di protesta. E il ricordo di una sinistra d'opposizione lascia il posto alla realtà di un esecutivo fragile, che ha paura delle contestazioni e della perdita di consenso. «Ma questa debolezza del governo, che si sta manifestando in forme anche un po' grottesche, non fermerà il calo di popolarità. Anzi è una decisione autolesionista che motiva ancora di più la minoranza a scendere in piazza e non è giustificata da un clima di violenza come poteva essere negli Anni '70», osserva Alessandro Campi, docente di Storia delle dottrine politiche all'università di Perugia. Secondo il professor Campi, il problema di Prodi non è tanto l'opposizione ma i suoi stessi elettori. «C'è, infatti, un clima diffuso di malessere anche in consistenti settori che hanno sostenuto politicamente il centrosinistra, a partire da quelli industriali. Ed è questa la novità che preoccupa l'esecutivo - sottolinea ancora Campi - anche perché in una situazione del genere è normale che l'opposizione alzi la testa e organizzi una grande manifestazione contro la maggioranza». Per il politologo, il tentativo di allontanare dal «Palazzo» le dimostrazioni, infatti, nasce anche dalla paura della manifestazione berlusconiana «che potrebbe ricompattare la Cdl, un altro segnale negativo per un esecutivo che ha sottovalutato l'impatto della Finanziaria sull'opinione pubblica». Campi ricorda un episodio del 1999: la richiesta di tre miliardi di lire di danni dell'allora presidente del Consiglio Massimo D'Alema a Giorgio Forattini per la vignetta sul caso Mitrokhin. E suppone che la decisione di bandire la protesta da piazza Colonna sia dovuta a «venature comuniste autoritarie che serpeggiano evidentemente all'interno della maggioranza». Ma Prodi è un ex democristiano, non un ex comunista. Campi lo sa, ovviamente. Eppure non può non mettere in evidenza che la sua immagine pubblica è quella di «seriosità professorale, da primo della classe che nessuno può osare di mettere alla berlina, una superbia intellettuale dovuta un po' alla sua cultura politicamente rigorista e un po', probabilmente, al suo carattere». Al di là delle dietrologie, una cosa è certa: non è un bel segnale. Scendere pacificamente in piazza è un diritto per tutti, almeno nei Paesi democratici. Non solo. Anche se ipotizza che la misura possa avere origine da un «rigurgito di autoritarismo politico che, a sua volta, nasce da un eccesso di zelo che il ministro dell'Interno Amato, un vero liberale, correggerà presto», e anche se comprende «le misure di sicurezza», il docente sottolinea che il duplice «messaggio» di un Palazzo «che si arrocca e rifiuta il confronto con la piazza è quello del disprezzo plateale del dissenso e insieme del distacco della politica dalle esigenze della gente». Il che, per Prodi, in questo momento, equivale a un gesto in puro stile Tafazzi.

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