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di GAETANO MINEO PALERMO — Anche la magistratura tributaria si prepara a scendere in piazza per protesta.

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Presidente, anche voi, quindi, scaldate i muscoli per scioperare? «Per il momento no. Ma, se fossimo costretti, sì». Cosa chiedete voi magistrati tributari al governo Prodi? «Sarà una tre giorni, quella palermitana, nel corso della quale i magistrati tributari italiani affronteranno anche gli impegni a cui saranno chiamati a seguito della prossima manovra fiscale. A tal proposito, diventa improcrastinabile una riforma dell'Ordinamento della giustizia tributaria che renda ancora più efficiente il sistema e consenta ai giudici di operare in condizioni ottimali e con più adeguati riconoscimenti. Inoltre, chiediamo la costituzione di una sezione di Cassazione con un adeguato numero di giudici come anche, tra le altre cose, il consentire a tutti i professionisti impegnati come giudici tributari di concorrere alle cariche di presidente di sezione e di commissione, una volta verificata l'attività svolta come giudice tributario». Qual'è secondo lei l'attuale stato di salute della magistratura tributaria? «Nei fatti esiste un sostanziale equilibrio fra organico e carichi di lavoro, considerato che negli ultimi dieci anni è stato smaltito un arretrato di 6 milioni di procedimenti; che la durata media di un procedimento, fra primo grado e appello, è sceso a un anno con punte di quindici mesi; che rispetto alle sentenze di primo grado solo il 12,5-15 per cento va in appello, e che delle sentenze delle commissioni regionali d'appello solo il 9,5-10 per cento va in Cassazione. In sostanza, va in Cassazione l'uno per cento delle sentenze di primo grado, dimostrando una reciproca soddisfazione delle parti per la qualità del giudizio». Come si può dimostrare questo? «Ciò è avvalorato dal fatto che lo Stato soccombe nel 40-55 per cento dei casi, e che fra il 2005 e il 2006 le competenze dei giudici tributari sono state estese alle iscrizioni ipotecarie e al fermo amministrativo».

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