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di LUIGI FRASCA ASSEDIATO, braccato, praticamente solo.

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Attacca soprattutto i giornali, ma è chiaro che il messaggio è molto più ampio e riguarda soprattutto i partiti della coalizione, Ds e Margherita in testa, che negli ultimi mesi sembrano aver iniziato una manovra di accerchiamento nei confronti del premier. Lo spunto per l'affondo del Professore è un'intervista pubblicata ieri dal quotidiano spagnolo El Pais e, in Italia, da Repubblica. Prodi prende ad esempio il caso Telecom e denuncia «Salvo l'Unità, nessuno segue il vero scandalo. La stampa italiana tace, un segno che stiamo facendo una battaglia importante. In casi come questi bisogna capire da che lato si trova la libertà. Evidentemente lavorare contro i mezzi di comunicazione è per noi un problema serio». «Anch'io ero stato spiato - continua - e nessuno dice niente, neanche il Pais». Poi, però, il discorso sembra indirizzarsi su un'altra strada. «Lei sa come si fa la mozzarella? - domanda il premier all'intervistatore - Si gira con pazienza e si fa a formare una matassa. Diciamo che io sto facendo una mozzarella. Se non riescono a cacciarmi via alla fine il Paese capirà le mie ragioni. E non possono cacciarmi perché non saprebbero che cosa fare. Il momento nella quale è esploso il caso Telecom non è frutto della casualità, è successo prima della presentazione della Finanziaria». A questo punto la domanda nasce spontanea: chi sta provando a cacciare il Professore da Palazzo Chigi? Ma soprattutto chi, una volta tolto di mezzo Prodi, non saprebbe che fare? Non certo l'opposizione che, anzi, sarebbe ben contenta di rimandare a casa il Presidente del Consiglio. Ecco allora che le parole di Prodi suonano come un early warning alla sua stessa maggioranza e, in particolare, a Ds e Margherita che, proprio sul caso Telecom, avevano scelto un profilo basso. Negli ultimi giorni, però, i rapporti sembrano essersi ulteriormente deteriorati. Il principale motivo di scontro sembra essere il processo di formazione del Partito Democratico. Le accelerazioni di Prodi, infatti, hanno creato non pochi problemi a Piero Fassino e Francesco Rutelli che ora rischiano di perdere la guida dei rispettivi partiti. Così il Professore è stato costretto a frenare assicurando che il nuovo soggetto non nascerà senza i partiti e che, comunque, si tratterà di un processo lungo («Io credo che arriveremo alle europee del 2009 con una lista del Partito democratico che raccolga la maggior parte della mia coalizione»). Un processo da cui Prodi potrebbe presto tirarsi fuori. Sabato era stata Repubblica a pubblicare un sondaggio dell'Istituo Piepoli dal quale emergeva che, per la base, il leader del nuovo partito dovrà essere un «quarantenne capace di parlare al futuro». Ieri un prodiano doc come Arturo Parisi ha detto che il Pd è, semmai, un partito per il «dopo-Prodi». Insomma aveva ragione l'ingegner Carlo De Benedetti quando, a cinque mesi dalle elezioni, definì il Professore un mero «amministratore straordinario» consigliandoli di lasciare la scena ad altri (Veltroni e Rutelli). Oggi quel momento sembra essere arrivato, Prodi sembra essersene reso conto. Ma non vuole starci e scalpita.

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