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di NICOLA IMBERTI «ALL'appuntamento del partito democratico noi ci andremo uniti come Margherita».

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E, lasciando la sala, rincara la dose: «Mi sembra che siamo tutti d'accordo con la prospettiva del Partito Democratico. Per questo stiamo lavorando per presentarci al congresso con una mozione unitaria. Se qualcuno ne presenterà un'altra evidentemente non è d'accordo con questa prospettiva». Ipotesi che, comunque, per Franceschini e per tutti i presenti in sala, è assolutamente remota. Buon per loro. Perché, a giudicare da quello che sta accadendo all'interno della Margherita, l'unità dei Dl sembra una versione piuttosto ottimista della realtà. Al contrario il partito guidato da Rutelli sembra essere improvvisamente «esploso» in una miriade di pezzettini. Basterebbe prendere ad esempio la tavola rotonda di ieri che ha riunito nella sala conferenze di Sant'Andrea delle Fratte Ciriaco De Mita, Giuseppe Fioroni, Giulio Santagata, Dario Franceschini e Ermete Realacci. Tutti esponenti della Margherita che, però, non hanno certo perso occasione per punzecchiarsi a vicenda. Così De Mita prima se l'è presa con i teodem definendoli come coloro che vogliono imporre «i valori con la norma» (cosa che ha scaldato, e non poco, Luigi Bobba). Poi si è rivolto all'ulivista Franceschini: «L'operazione che stiamo facendo, caro Franceschini, potrebbe portarci alla frammentazione anziché al suo scopo, cioè l'unione». E, mentre il ministro dell'Istruzione Fioroni esprimeva la propria preoccupazione perché si rischia di «far passare l'idea che si può votare nel centrosinistra solo se non si è cattolici», Franceschini replicava: «Togliamoci dalla testa che sia una nostra esigenza giustificare la compatibilità tra l'essere di centrosinistra e l'essere cattolici». Sullo sfondo il ministro dell'Attuazione del programma Santagata che ha ribadito che «entrare nel Pd per la via delle correnti» non è utile e, al limite, dannoso. Il punto è proprio questo. Basta guardare agli ultimi quindici giorni per rendersi conto che, nella Margherita, sono ormai ritornate le correnti. Anzi, per usare un'immagine del leader Rutelli, sembra di essere tornati alla Margherita di «5-6 anni fa». I primi sono stati gli ex Ppi che, da Chianciano (29 settembre-1 ottobre), hanno frenato sul processo di costruzione del Partito Democratico lasciando intendere di essere pronti a strappare a Rutelli la guida del partito. Per tutta risposta il vicepremier si è prima presentato ad una convention organizzata da Rinnovamento Italiano (componente che fa capo a Lamberto Dini), poi si è speso per il seminario dei teodem. Un impegno che in molti hanno letto come la volontà di creare una propria «corrente cattolica» da opporre agli ex Ppi. Nel mezzo va segnalata anche una cena a casa Rutelli (presenti Marini, Fioroni, Gentiloni, Soro, Franceschini, Bordon e Parisi) in cui i «prodiani» avrebbero espresso forti perplessità sull'ipotesi di arrivare al congresso con una mozione unitaria firmata anche da «nemici» del Pd come De Mita. Come se non bastasse, a guastare i rapporti tra le varie anime del partito, ci si è messa anche la «battaglia delle tessere». Se, infatti, le diverse componenti dovessero decidersi di «contarsi» in vista del congresso di primavera, il numero di tessere «vere» sarebbe decisivo. Per questo i parisiani ribadiscono l'importanza dell'iscrizione personale e chiedono «congressi veri da Bolzano a Palermo, dove ci si confronti, ci si scontri e ci si conti su mozioni diverse». Insomma, la mozione unitaria, al momento è ancora un sogno. Ci si potrà arrivare, ma prima bisognerà riunire tutti i petali della Margherita.

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