di GIULIO STRADA SE Atene piange Sparta non ride.
E, mentre la sinistra che fa a capo a Fabio Mussi viene lusingata dalle sirene di Rifondazione (ieri il segretario Giordano ha detto che, pur non fomentando scissioni, le porte sono aperte) qualcosa, sul territorio, comincia a «scricchiolare». Già, proprio laddove il segretario doveva farcela senza problemi (sono in molti a sostenere che in questi anni il partito, soprattutto localmente, si è «fassinizzato»), le cose iniziano a complicarsi. Per esempio, trenta dirigenti abruzzesi della Quercia fra consiglieri comunali e regionali, assessori, segretari di sezione, componenti degli organismi di partito e dirigenti di organizzazioni di massa, rappresentativi delle diverse mozioni congressuali, hanno firmato un documento dal titolo «Noi non ci saremo» in cui spiegano i motivi per cui non parteciperanno, oggi, alla manifestazione per il Partito Democratico indetta a Pescara dalle segreterie provinciali di Ds e Margherita per il Partito. «Noi non ci saremo - scrivono i "dissidenti" - perché la costituzione del Partito Democratico non è stata decisa da nessun organo dirigente dei Ds. All'ultimo congresso dei Ds si parlava di Federazione dell'Ulivo e non di scioglimento dei Ds nel Partito Democratico. Non accettiamo un partito che nel nome non ha più né la "sinistra" né il "socialismo"». Insomma i problemi aumentano e, forse anche per questo, il vicepremier Massimo D'Alema ha detto che «non c'è un'ora X in cui un big bang fa nascere un partito». Nel partito, ha continuato, «c'è una discussione aperta. Faremo un congresso nel quale ci confronteremo, ma quando un partito, l'Ulivo, è quasi al 32% e punta a rappresentare il 40% degli italiani, è chiaro che copre un arco vastissimo di posizioni, Se nascendo il partito perderà una delle sue componenti sarà un impoverimento». Parole rivolte ovviamente alla sinistra della Quercia che, però, non sembra disposta a cedere. E, mentre il coordinatore della segreteria Maurizio Migliavacca sottolinea che, quella della Sinistra Europea non è una soluzione alternativa al nuovo soggetto, il vicepresidente della Camera Carlo Leoni rilancia l'idea del Correntone. «Non è vero quanto sostenuto da Migliavacca - dice -. Noi proponiamo un percorso alternativo a quello dello scioglimento nel Partito Democratico, proponiamo che i Ds continuino a vivere e si rinnovino profondamente. Davanti alla Quercia non c'è solo la possibilità di fondersi con la Margherita». La frattura, quindi, sembra ormai insanabile. E, anche se Fassino ribadisce la necessità di un legame forte tra Pd e Pse («Se sei riformista stai nel Pse») e assicura che la cultura cattolica-democratica sarà uno dei riferimenti del nuovo soggetto, il rischio di una spaccatura non sembra affatto scongiurato. Soprattutto perché, mentre la Margherita non vuole affatto saperne di approdare nel Pse, il diessino Valdo Spini fa sapere che «se i Ds usciranno fisicamente dal Pse» lui non uscirà. A via Nazionale si ingrandisce il fronte di coloro che non «vogliono morire democristiani» ed è prevedibile che sarà proprio questo l'ostacolo maggiore per la Quercia sulla strada che porta al Partito Democratico. Nel frattempo aumentano le «pressioni esterne». Dopo l'appello di Fassino che aveva chiesto che anche i socialisti di Bobo Craxi entrassero nel Pd, ieri è arrivata la risposta. Il Partito Democratico, ha detto Craxi, «è una discussione che ci interessa». Ma subito aggiunge: «Non è l'idea di fondo, e cioè che il paese debba dotarsi di un partito più forte, un partito guida, che non ci convince è la troppa frettolosità, è l'idea di un partito popolare che contiene l'esperienza socialista senza che sia anche il frutto e il prodotto di una profonda revisione critica all'interno della sinistra post comunista». Contemporaneamente anche la Rosa nel Pugno critica il progetto. «Se si vuole fare nascere il Partito Democr