Rutelli corteggia i «suoi» cattolici
Ieri, però, Francesco Rutelli non è sembrato affatto disturbato da quel suffisso che faceva bella mostra di sé sugli schermi dell'aula magna di San Salvatore in Lauro. Anzi è sembrato in perfetta sintonia con le posizioni degli «ultrà cattolici» della Margherita accreditando di fatto la versione secondo cui sia proprio lui il vero deux ex machina del seminario organizzato sul tema della «nuova questione cattolica» da Paola Binetti, Luigi Bobba, Enzo Carra, Emanuela Baio Dossi, Marco Calgaro e tanti altri. Nessuno lo dice apertamente, ma l'obiettivo del leader Dl sarebbe in realtà quello di costruire una «controcorrente cattolica» per rispondere all'offensiva lanciata dagli ex Ppi della Margherita. Così non sembra un caso il fatto che, dopo che in mattinata proprio Castagnetti aveva litigato con Andrea Riccardi (fondatore della comunità di Sant'Egidio) reo di aver sostenuto la necessità di «archiviare» l'esperienza del cattolicesimo democratico, il vicepremier si sia lanciato, nel pomeriggio, in un'entusiasta relazione sulla necessità di riscoprire il «cattolicesimo di popolo che è un valore profondo del Paese». Il messaggio principale dei teodem, ha detto Rutelli, è quello che «la politica non può chiedere alla fede di rimanere fuori dallo spazio pubblico». E «i valori profondi che i credenti portano con sé possono trovare spazio nel Partito Democratico, come lo hanno trovato nella Margherita». A patto che questo non avvenga, ha proseguito, riproponendo schemi di «5 o 6 anni fa». Parole che sono sembrate un avvertimento a chi, come gli ex Ppi, sembra guardare con nostalgia a tempi andati. Rutelli ha ovviamente evitato ogni polemica sostenendo la necessità di «pluralismo» e augurandosi che «la Margherita si presenti unita all'appuntamento». E rispetto ai teodem ha spiegato con una battuta che l'acronimo, in realtà, significa «Tutti entusiasti dell'operazione partito democratico..» Entusiasmo che, al momento, non sembra registrarsi altrove. E se Franco Marini, intervistato a In breve, ha smentito ogni manovra sotterranea dichiarando che «i Popolari non lavorano per la successione a Rutelli»; l'idea che al prossimo congresso della Margherita gli ex Ppi possano presentare una propria mozione per dimostrare che il vicepremier non ha la maggioranza del partito, al momento, è ancora in piedi. E, forse anche per questo, i prodiani si sono schierati al fianco di Rutelli (ieri Franco Monaco ha lodato le parole del leader Dl criticando sia gli ex Ppi che i teodem). Il «rutelliano» Ermete Realacci però, è sicuro che non ci saranno divisioni almeno che qualcuno non voglia ottenere «uno strapuntino». Insomma, a via del Nazareno sono tutti convinti che la Margherita si presenterà unita all'appuntamento anche solo per mettere in difficoltà i Ds. Infatti se, nei Dl si discute della costruzione di «correnti cattoliche», al Botteghino il rischio scissione è sempre più concreto. Ieri il diessino Valdo Spini, membro della direzione del partito, è tornato a chiedere il mantenimento di «una presenza del socialismo europeo in Italia», attaccando Prodi e i Dl che non vogliono venire incontro a queste esigenze. Per tutta risposta Fassino, da Napoli, nel corso di una convention dei socialisti ha detto chiaramente che Ds e Dl non bastano e, per questo, «servono i socialisti».