Il convegno
Quando Craxi voleva i comunisti nel governo
La figura del leader socialista è stata ricordata a Palazzo Marini da varie personalità, tra cui Quagliarello, Forte, Cazzola, Rolando, Landolfi, Covatta e Sacconi. I temi dibattuti sono stati il riformismo, i rapporti con il Pci, le battaglie referendarie, la politica economica e internazionale, le riforme istituzionali e l'unità socialista. Eloquente l'immagine, ricordata da Stefania Craxi nell'avvio del suo intervento, con cui il celebre Scalarini raffigura sull'«Avanti» la scissione di Livorno: un vecchio socialista sulla porta di una sezione a sventolare un fazzoletto per salutare i compagni che intraprendevano il loro viaggio, convinto già del grande ritorno. Non poteva immaginare che non ci sarebbe stato nessun ritorno e che si sarebbe arrivati, dopo più di settant'anni, alla dissoluzione del Partito Socialista. I tentativi di riavvicinamento sono stati tanti. Cafagna e Pellicani ricordano che nel 1978 col suo «Saggio su Proudhon» e la critica al leninismo e al marxismo, Craxi offrì l'occasione per aprire nella sinistra un coraggioso dibattito sul totalitarismo sovietico, respinta dal Pci che chiuse il XV Congresso del 1979 con la rituale critica ai partiti socialdemocratici e con l'intenzione di non rinunciare al legame con l'Urss. Un altro tentativo svolto da Craxi con l'intento di migliorare i rapporti con il Pci e coinvolgere Berlinguer nella sfera governativa è raccontata da Craveri nel libro «La democrazia incompiuta»: una proposta dei socialisti al Pci per un'alleanza di governo con gli altri partiti laici che li avrebbe portati a più del 50% dei voti parlamentari. Il dialogo con gli eredi degli scissionisti è stato impossibile da sempre e lo è tutt'ora come conferma l'assenza al convegno del segretario Ds, Fassino. Apre una breccia per avviare il dialogo con i postcomunisti l'attenta disamina che Silvio Pons, direttore dell'Istituto Gramsci, conduce nel libro «Berlinguer e la fine del comunismo»: una lucida e distaccata analisi della politica berlingueriana e del suo tentativo di riformare il comunismo. La conclusione è che la strada dell'Eurocomunismo da lui intrapresa fu fallimentare e non operò mai una scissione chiara e definitiva dall'Urss. Il risultato paradossale, conclude, fu di accentuare la peculiarità del «comunismo italiano», rendendo anomalo il funzionamento della nostra democrazia. Craxi fu tenacemente convinto che una democrazia dell'alternanza poteva venire dall'unificazione della sinistra. Unità che ricercò fortemente e che, dopo la caduta del Muro, riteneva un'ineluttabile conseguenza della Storia. Sull'argomento abbondano le sue carte mentre mancano scritti o saggi del Pds o Ds. C'è solo la confessione di D'Alema nel libro di Fasanella e Martini «D'Alema. La prima biografia del segretario del Pds» (1995), che rivela il rifiuto del progetto annessionistico di Craxi. A completare la fisionomia del leader socialista merita menzione il contributo del prof. Teodori che sottolinea l'apporto prezioso dato dai radicali alla stagione referendaria promossa dai socialisti.