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di GIANNI DI CAPUA LUCA Cordero di Montezemolo «licenzia» Romano Prodi.

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Insomma, non risparmiacritiche alla Manovra nel suo complesso, arriva a indicare proprio nel «trasferimento forzoso» del Tfr all'Inps la norma più «ingiusta» e «sbagliata» della manovra. «È un provvedimento ingiusto - spiega il numero uno di viale dell'Astronomia - perché limita l'autonomia di scelta dei lavoratori e ci ha stupito il silenzio del sindacato, rotto solo qualche giorno fa. È un provvedimento sbagliato perché rischia di incidere pesantemente sulla struttura patrimoniale di molte imprese italiane». Per questo, continua, «riteniamo che serva un confronto serio, urgente, immediato su questo tema». Se infatti gli industriali «avrebbero accettato l'anticipo della previdenza integrativa», non possono fare la stessa cosa con un «trasferimento forzoso» del Tfr a «un carrozzone statale» come l'Inps. Quindi attacca: «Ci sono pochi tagli e nessuna riforma. E, al di là della riduzione del cuneo fiscale questa finanziaria non ci convince. E mi pare di capire che non piaccia a nessuno. Per molti aspetti sembra scritta dalla sinistra massimalista, con il benestare della Cgil», ammonisce. A deludere viale dell'Astronomia lo scarso coraggio nelle riduzioni di spesa, nelle tasse che introduce e in quelle che rischiano di arrivare dagli enti locali. «Dobbiamo uscire dal circolo viziono "più tasse, più spese e quindi ancora più tasse". Si può uscire da questa spirale. Forse non è popolare ma - incalza Montezemolo - servono tagli, tagli, tagli». Ma nonostante tutto gli imprenditori non scenderanno in piazza e si dicono pronti a fare ancora la loro parte. «La logica della piazza, dello sfogo, non ci appartiene, per cultura e per prassi. Dunque non non scioperiamo perchè ragioniamo con la testa non con la pancia», dice ancora Montezemolo che offre la volontà di «impegnarci affinché la Manovra sia migliorata». E al tavolo dei «volenterosi», proposto dal segretario dei radicali, Daniele Capezzone, a cui Confindustria aderisce, si deve aggiungere, ora, «il tavolo dei decisori di coloro che per ruolo politico e istituzionale hanno la possibilità di modificare la Manovra inserendo quegli elementi strutturali che mancano e che sono necessari». Non solo. Confindustria guarderebbe «con favore all'idea di un tavolo dei riformisti in cui i volenterosi e i decisori potessero superare costruttivamente le differenze e le diffidenze tra maggioranza e opposizione». E tutto questo non in una logica consociativa anche se il rischio c'è: «ma è meglio correrlo che continuare a vedere le nostre imprese ed il paese vittime di questo assurdo teatro di guerra che è la politica». E se Padoa Schioppa apre ad alcune correzioni, gli industriali restano ancora piuttosto scettici. Perché bisogna smontare l'impianto stesso della Finanziaria per andare incontro alle richieste degli imprenditori. Il ministro per le Politiche comunitarie, Emma Bonino, anche lei a Capri, prova a mediare. «Padoa-Schioppa dice che è disponibile a rivedere alcune cose - sottolinea Bonino -. Mi pare ci sia stata un'apertura per una ridiscussione. Penso sia giusto che ognuno faccia la sua parte, ma la responsabilità politica deve poi tirare le somme». Sul nodo Tfr, intanto, intervengono anche il ministro del Lavoro Cesare Damiano e il leader Cigl Guglielmo Epifani. «Il Tfr non è mia esclusiva competenza, mentre le pensioni sì», dice il ministro. Mentre Epifani sgombera il campo da equivoci: «L'Inps - evidenzia - è solo un paravento», i soldi del Tfr andranno «in investimenti produttivi e in infrastrutture». E per questo servono «garanzie sul rendimento». Resta comunque che «il Tfr è dei lavoratori, e quindi è giusto che la decisione finale sia dei lavoratori». Fuori dal coro il direttore generale di San Paolo-Imi, Piero Modiano. Dopo aver assicurato che «un impegno morale si può prendere» e che le banche «faranno di tutto» perché «il credito non manchi», prova a fare due conti: a finire ne

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