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«Il carcere solo come misura estrema»

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Sino ad oggi i detenuti che hanno beneficiato del provvedimento sono stati 23.543; quelli rientrati in carcere perchè colti in flagranza di reato sono stati 742, con una percentuale del 3%. L'indulto, insomma, ha funzionato svuotando le carceri e cancellando il clima di emergenza provocato dal record di sovraffollamento. Ma è stato solo l'inizio. Ora si deve «ripensare» il carcere, considerandolo come «misura estrema» da applicare solo per i grandi criminali e per chi commette reati che provocano allarme sociale, ponendo mano a riforme strutturali e, soprattutto, dando più spazio alle pene alternative alla detenzione. Clemente Mastella ha affrontato ieri la sua «prima volta» della Festa della Polizia Penitenziaria con un discorso impegnativo, senza giri di parole, e - davanti al Presidente della Repubblica - ha «ridisegnato» il profilo di un Corpo che, sottolinea, si è guadagnato sul campo nuove competenze e merita la stessa considerazione delle altre forze di polizia. Il Guardasigilli spiega che l'indulto «è il presupposto per avviare un articolato e rilevante processo riformatore» e ripensare l'organizzazione degli istituti di pena, impossibile fino a pochi mesi fa quando si superò il picco dei 60 mila reclusi. Da luglio a settembre di quest'anno, osserva, sono entrate in carcere 2.260 persone in meno rispetto allo stesso periodo del 2005. Ribadisce che l'indulto «non deve essere considerato come un atto di resa da parte dello stato rispetto ad una situazione divenuta insostenibile, non è un gesto di finta solidarietà, non è una gratificazione anticipata a chi non la merita». Piuttosto, lo definisce «un provvedimento che è quasi figlio di nessuno» dal momento che è stato «voluto da una larghissima parte del Parlamento, con eccezioni a destra e a manca (anche se a volte, leggendo le cronache politiche, sembra che le eccezioni siano state superiori a una volontà così estesa)». Ma è sul ricorso al carcere che, a suo giudizio, bisogna intervenire. «La reclusione - afferma - dovrà essere considerata come una misura punitiva estrema riservata alla criminalità organizzata, ai delinquenti abituali e a coloro che commettono reati che destano grave allarme sociale mentre più spazio dovrà essere conferito alle sanzioni diverse, irrogate in alternativa alla detenzione ordinaria». Per questo motivo «se la pena evolve verso soluzioni diverse da quella detentiva anche la polizia penitenziaria dovrà spostare le sue competenze al di là delle mura del carcere, parallelamente all'affermarsi del suo ruolo quale quello di vera e propria polizia dell'esecuzione penale». In questo processo, ha osservato, «sarà opportuno affidare alla polizia penitenziaria, attraverso il coordinamento dei propri funzionari e dirigenti, tutti i controlli sui soggetti che beneficiano di misure alternative». Al futuro di chi opera in prima linea in carcere, Mastella dedica la parte centrale del suo discorso. Avete mantenuto l'ordine negli istituti - dice il ministro - e assecondato il percorso di rieducazione dei detenuti in tutte le condizioni. Un lavoro svolto in modo silenzioso, ma che ha dato un contributo alla sicurezza dello Stato «mai inferiore a quello offerto dagli altri corpi di polizia - sottolinea - a fronte della ben minore visibilità del suo operato. Mastella indica la strada: «occorrerà rideterminare le piante organiche e sarà necessario realizzare immediatamente il riallineamento dei funzionari della polizia penitenziaria con quelli degli altri Corpi di Polizia ad ordinamento civile, eliminando ogni sperequazione esistente».

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