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Alessi: «Adesso tutti gli ex democristiani tornino a casa»

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La voce di Alberto Alessi tradisce gioia e anche un pizzico di emozione per la sentenza del tribunale di Roma che ha sancito, in maniere inequivocabile, che la Democrazia Cristiana non è mai morta. Per lui, presidente nazionale della Dc di Giuseppe Pizza e figlio di Giuseppe Alessi, fondatore, nel 1943, della Democrazia Cristiana, questa sentenza è il coronamento di un sogno. «Quando nel 1993 Mino Martinazzoli decise di sciogliere la Dc per rinominarlo Partito Popolare - racconta - l'onorevole Flamiano Piccoli impugnò quella decisione perché non conforme alle procedure. Per sciogliere la Dc, infatti, serviva un congresso ordinario o straordinario, ma non ci fu. La sentenza del tribunale di Roma dimostra che Piccoli aveva ragione». Ma, tra le righe del pronunciamento c'è molto di più. Il giudice, infatti, invita il Cdu (oggi confluito nell'Udc) «a cessare ogni molestia» nei confronti della Dc. «È vero - riprende Alessi - il tribunale, infatti, stabilisce che la nostra Dc è l'unica proprietaria del simbolo e può utilizzarlo in ogni sede. Lo scudo crociato, insomma, non appartiene al Udc che pure lo usa». Un altro scoglio è rappresentato poi da Gianfranco Rotondi. «Rotondi è un "carduni" - dice Alessi - una parola che, in siciliano, indica la parte del carciofo che non matura mai. Ha costituito ad Avellino la Democrazia Cristiana per le Autonomie, poi, in maniera molto scaltra il "per le Autonomie" è caduto, e adesso si presenta in televisione come segretario della Dc. Ma la vera Dc siamo noi, anche perché il presidente onorario del nostro partito è Giuseppe Alessi, mio padre, che nel 1943 fondò la Dc e ne disegnò il simbolo. Il fondatore della Dc, insomma, è ancora vivo». E ora che la Dc è «tornata in vita», cosa succederà? «Ora che il partito è stato, per così dire, scongelato, lavoreremo per rifondarlo. Siamo in contatto con Publio Fiori, ma ci rivolgiamo anche a Gerardo Bianco, ai senatori a vita Andreotti, Scalfaro e Colombo, a tutti gli ex Dc che militano all'interno dei due Poli. A loro rivolgiamo un invito: c'è di nuovo una casa, iniziamo con il ricostruire le fondamenta e decidiamo come andare avanti. Per questo rifaremo il XX Congresso dove gli iscritti, tutti gli iscritti che vorranno partecipare, decideranno la linea politica che dovremo tenere».

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