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di GIUSEPPE DE FILIPPI LA MARGHERITA, con il sostegno anche di alcuni ministri diessini, ha segnato ...

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Francesco Rutelli e i suoi ministri sono riusciti a ridurre l'impeto fiscale del ministro Vincenzo Visco e a innalzare, probabilmente a 75.000 euro, la soglia di reddito oltre la quole si passa alla tassazione al 43%. Mentre sarebbe sempre da attribuire alle pressioni dei centristi, e della Rosa nel Pugno, l'altro alleggerimento concesso ai redditi medio-alti, cioè l'innalzamento a 55.000 euro dello scaglione di reddito tassato al 41%. Si sono impuntati, hanno lavorato Visco ai fianchi e hanno avuto anche un discreto sostegno da Tommaso Padoa-Schioppa, il ministro che la legge Finanziaria la deve firmare e che non avrebbe associato volentieri il suo nome a una stangata. Non che la Manovra sia diventata buona e dolce, ma certo che alcune delle peggiori premesse dei giorni scorsi, limitatamente all'intervento che riguarda le tasse sul reddito, sembrano accantonate. Il sostegno del ministro Padoa-Schioppa si è visto quando l'ex banchiere centrale si è impuntato sulla durissima dose di tagli ai trasferimenti a Comuni e Regioni. Fissando una soglia molto alta, a 4 miliardi e mezzo di euro, per la riduzione dei finanziamenti statali agli enti locali Padoa Schioppa ha riportato, anche se in piccola parte, il cuore della manovra sui tagli alle spese e non più sugli aumenti alle entrate e in questo modo ha consentito di restare, più o meno, all'interno degli impegni presi con l'Europa, senza dover spingere solo sul lato delle tasse. Molto forti, in questa direzione, anche le pressioni della Confindustria. Mentre non può essere rimasto estraneo alle scelte di Padoa-Schioppa il messaggio che, prima dall'avvio del confronto sulla manovra, era stato lanciato dalla Banca d'Italia: non ha senso una correzione dei conti pubblici fatta solo aumentando le tasse, aveva detto in sostanza il governatore Mario Draghi, e Padoa-Schioppa non avrebbe potuto smentire completamente l'invito del governatore. Insomma, la parte della maggioranza più sensibile al rischio di una ribellione fiscale degli elettori è riuscita a portare a casa almeno un piccolo risultato sul fronte delle tasse sul reddito, quelle chei contribuenti sentono di più. Ma colpisce, allo stesso tempo, la rinuncia a dare battaglia su un tema che pure in campagna elettorale e subito dopo era stato al centro del confronto e dello scontro, quello della cosiddetta armonizzazione, leggasi rialzo, della tassazione delle rendite finanziarie. Si è difesa una bandiera, ma ad altre si è dovuto rinunciare. E resterà, ai centristi, sempre il dubbio che la sinistra della maggioranza abbia chiesto 100 per ottenere 50. E che, in questo modo, a rafforzarsi, nel ruolo di mediatore tra le anime della maggioranza, sia stato Romano Prodi. Ora pronto a incassare un discreto risultato politico: aver chiuso una Finanziaria difficilissima con qualche scricchiolio ma senza drammatici cedimenti nella maggioranza.

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