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Sciopero l'11, 12 e 13 ottobre

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Evidentemente, l'allarme sul «rischio terremoto» negli uffici giudiziari e sui danni per i cittadini lanciato al Senato dal Guardasigilli se non si bloccherà l'entrata in vigore del decreto attuativo che impone ai magistrati di scegliere tra la carriera di pm o di giudice, l'andamento del voto a Palazzo Madama e gli incontri tra maggioranza e opposizione per trovare una mediazione sui punti più discussi della legge Castelli, hanno convinto i penalisti ad accelerare i tempi della protesta. Ieri la Giunta dell'Unione delle Camere Penali ha proclamato tre giorni di astensione dalle udienze, l' 11, 12 e 13 ottobre. Saranno garantite solo quelle per i casi urgenti previsti dal codice di autoregolamentazione. I vertici dell'Unione attaccano frontalmente il ministro Mastella e il Governo per la sua politica in materia di Giustizia. «Ci rendiamo conto che è presidiato dalla magistratura — dice il presidente, Ettore Randazzo — ma a Mastella consigliamo di ascoltare anche gli avvocati e di riflettere sui principi costituzionali che sono di tutti i cittadini e non vanno confusi con una lotta sindacale tra avvocati». La protesta, sintetizza il leader dei penalisti, è «contro il tentativo di sospendere una riforma dell'ordinamento giudiziario che comunque conteneva un primo passo verso la separazione delle carriere e ciò con toni allarmistici del tutto fuori luogo. Ma, poi, segnaliamo il taglio autoritario delle linee programmatiche sulla politica giudiziaria del Governo del tutto subordinate politicamente e culturalmente ai settori più conservatori del panorama giudiziario». Al ministro, Randazzo rimprovera un atteggiamento «di totale appiattimento sui diktat sindacali della magistratura associata, contrabbandati strumentalmente e demagogicamente come un atteggiamento tenuto nell'interesse dei cittadini». Le linee programmatiche sulla politica giudiziaria del Governo — aggiunge — «hanno dimostrato una totale subordinazione politica e culturale dell'esecutivo rispetto alle richieste dei settori più conservatori del mondo della giustizia». Nonostante gli allarmi lanciati a più riprese dall'UCPI «nessuna risposta è pervenuta dai rappresentanti dell' esecutivo». Un atteggiamento di «assoluta sordità nei confronti dell'avvocatura penale, su tematiche che attengono ai profili essenziali dell'ordinamento giuridico, non è stato diverso da quello riservato alle questioni più specificamente relative al ruolo ed alla funzione degli avvocati in generale». Tra le ragioni della protesta, i penalisti includono anche la la legge Bersani. «Lamentiamo la brusca falcidia delle spese di giustizia — osserva Randazzo — e la liquidazione delle problematiche prospettate dall'avvocatura con un intervento teso alla minorata difesa di un avvocato squalificato e disinvolto al punto di definirsi arbitrariamente persino specialista senza esserlo».

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