di SALVATORE DAMA MONTECITORIO.
I ministri s'accapigliano per conquistare i pochi euro che distribuisce la Finanziaria. La Camera esamina il suo bilancio interno. Entrate. Uscite. Spese correnti. Spese in conto capitale. Il deputato questore Gabriele Albonetti illustra le cifre. Sbadigli. I deputati si annoiano. Qualcuno freme. Vorrebbe parlare della qualità dei servizi messi a disposizione dal Palazzo. Che in molti considerano poco «onorevoli». Rompe il ghiaccio Franco Russo (Prc). Timidamente. «Mi si consenta una civetteria. La biblioteca della Camera è uno splendido servizio. Ma manca l'opera di Condorcet. Sa, quella stampata nel 1848». Risate. Giulio Tremonti, presidente di turno: «Grazie onorevole, anche per le indicazioni bibliografie». Altre risate. Inutile riportare il dibattito sulle tabelle del conto consuntivo. Alla Camera comincia la sessione «consigli per gli acquisti». C'è chi vuole barba e capelli gratis. Chi si lamenta del ristorante interno. Chi vuole l'ufficio più bello. Chi vuole meno soldi. E chi ne vorrebbe di più (perché non gli bastano). Benvenuti al condominio Montecitorio. Capitolo ristorazione. È ufficiale. Giacomo Stucchi (Lega) non è soddisfatto dei cuochi della Camera: «Perché non valutiamo l'ipotesi di affidare la cucina a un servizio esterno come succede al Senato? Non lo so, magari riusciamo a contenere i costi». Rivolta tra padelle e tegami. Gli chef di Montecitorio già minacciano un girotondo. Insorge Antonio Borghese (Italia dei Valori): «Macchè. Sono i colleghi che mangiano e poi dimenticano di passare alla cassa. Allora sì che li contieni i costi!» Partono insulti. Il presidente della Camera Fausto Bertinotti fa fatica a mantere l'ordine: «Vi prego, deputati!». Prende fiato. «Se mi chiama ancora una volta deputato, io la chiamo "perito industriale" Bertinotti». Ancora Risate. Capitolo pret-a-porter. L'onorevole Brigandì è un fiume in piena: «Perché il deputato Guadagno (Vladimir Luxuria, ndr) può andare in giro a maniche corte e gonna e io devo portare la giacca?». Domanda retorica. «Cos'è una discriminazione politica? Guardi che io a casa ho degli splendidi kilt!». Il microfono torna a Stucchi della Lega. Ora si parla dello store dove si vendono i gadget di Montecitorio. «Possibile che un portacarte in pelle costi 225 euro? No, dico 225 euro per una cassettina quadrata! Altro che operazione "simpatia", a via Condotti dovevate aprirlo, il Punto Camera». Ufficio reclami. «Troppa carta. Possibile che la Camera non ottimizzi i servizi informatici?», Teodoro Buontempo (An). Il deputato Dante D'Elpidio dell'Udeur si lamenta per la sede riservata al suo gruppo. Brutta. «È priva di rappresentanza e ufficialità. Solo nove stanze, 125 metri quadri». Li ha contati tutti. Buontempo ora ce l'ha con le auto blu. Non contro il privilegio. Ma contro chi lo usa. «Troppe poche macchine. E troppi deputati in fila all'autoparco della Camera». E dire che Montecitorio ha anche venduto un veicolo: 1650 euro, il ricavato. Rubricato alla voce entrate. Per la serie «la prossima volta mi faccio eleggere al Senato», arriva l'intervento di Emerenzio Barbieri, Udc: «A Palazzo Madama, la diaria è nettamente superiore. Parlo di soldi, presidente, non di noccioline. Sono in media 1500 euro mensili». Brusio in aula. «Al Senato inoltre con cento euro si può estendere l'assistenza sanitaria a parenti molto stretti. Pure alla suocera, presidente!». Montecitorio, oramai, è un teatro dei pupi. E dire che costa agli italiani 907 milioni lo scorso anno. Solo per le spese per i deputati il capitolo prevede 179 milioni. Ma evidentemente non bastano. «E la barberia? Per i senatori barba, shampoo e taglio gratis». Quasi quasi. Qualcuno ci pensa. A fare il grande salto nella Camera alta. Non Gerardo Bianco. «Eh no, io rimango attaccato a Montecitorio. Come una cozza!». Risate. Ma Barbieri non ha finito. Si inalbera con quelli che vogliono farlo passare per privilegiato. Gennaro Migliore, capogruppo di Rifondazione comunista, fa sapere che lo stipendio è alt